MESARTHIM – Arrival
Un anno senza nuove uscite dei Mesarthim è ormai cosa inconcepibile. Arrivati al fotofinish nel 2022 con la suite Anthropic Bias, i due bizzarri australiani tornano a rallegrare la nostra estate come nel 2021: con un nuovo album sotto l’egida di Avantgarde Music. Inossidabile nel custodire i propri misteri, la band mantiene il velo di nebbia cosmica che la ammanta: Arrival offre la consueta suggestiva veste grafica fatta di foto dello spazio manipolate, con accredito alla NASA. Nessun testo, nessun nome (i due si qualificano entrambi con un punto), nessun recapito o ringraziamento, nulla di nulla.
Arrival si presenta come una sorta di sinfonia divisa in quattro movimenti, più tre intermezzi di ambient elettronico, piuttosto che un album. La scaletta sul retro del digipak suggerisce velatamente di considerarla in due facciate come nella versione LP, ma l’ascolto in blocco unico è ugualmente efficace. Rispetto ai lavori precedenti, le coordinate risultano più o meno invariate: resta il black metal, restano le tendenze a certi Limbonic Art e alle atmosfere dilatate e perfette per l’iconografia cosmica scelta da inizio carriera. Arrival presenta un vago inspessimento delle parti metal a scapito degli elementi elettronici e propone una vena più epicheggiante, con passaggi strumentali che riportano alla memoria i Bal-Sagoth delle parti narrate. La terza e la quinta parte (rispettivamente secondo e terzo movimento, se non contiamo i brevi intermezzi ambient) sono le più aggressive mentre la seconda e la sesta sono più cadenzate, fermo restando che parliamo di composizioni lunghe e varie, dove la nozione di ritornello non è quasi contemplata. Un discorso a parte va riservato per “Type IV”, lunga suite di sedici minuti già pubblicata come apripista, lasciata fuori dal discorso “Arrival” e se ne intuiscono le ragioni: il sound nettamente più elettronico e quasi da discoteca che caratterizzava i lavori precedenti qui è a lungo preponderante, mentre nelle tracce precedenti era più in ombra. Resta qualche perplessità sulla produzione, di nuovo di provenienza ignota, che in presenza di tante melodie sovrapposte finisce per comprimere il suono e lasciare qualche strumento nascosto rispetto agli altri, nulla di terribile in ambito black metal ma è un aspetto che può certamente migliorare.
L’ascolto di Arrival è una sfida all’ascoltatore: passata la sensazione di cosmica meraviglia e senso di grandeur tipico di ogni suggestione spaziale, questi quarantacinque minuti contengono strati su strati di melodie ed elementi nascosti da scoprire. Il mio consiglio, valido peraltro per ogni singola uscita dei Mesarthim, è di immergersi nel flusso di note in condizioni rilassate e senza distrazioni esterne, per godere dell’ennesimo successo del bizzarro duo australiano. Risultati garantiti.