MINENWERFER – Feuerwalze
La Prima Guerra Mondiale rappresenta uno dei temi più toccati negli ultimi anni da certo black metal, in particolare dalle formazioni più refrattarie all’uso e abuso di satanismi spiccioli. In queste categorie rientrano a pieno diritto i californiani Minenwerfer, arrivati al quarto album di una carriera ormai più che decennale e nome consolidato della scena USBM, che hanno dedicato ogni singola canzone della loro storia alle tragedie del conflitto ’14-’18.
Il duo di Sacramento ci aveva lasciato con Alpenpässe, un’opera dedicata alla guerra di montagna combattuta sul fronte alpino, dotata di atmosfere plumbee, funeree e colme di una oscura epicità. Feuerwalze mantiene il sound di insieme e l’approccio agli strumenti del passato, proponendo un pregevole esempio di come una produzione prettamente black possa far coesistere basso e chitarre senza che il primo venga soverchiato, ma adatta il songwriting e gli arrangiamenti in conseguenza del nuovo concept: questa volta i Minenwerfer ci trascinano volenti o nolenti nel mezzo della Battaglia della Somme.
Un piccolo ma doveroso approfondimento storico: la Battaglia della Somme è la denominazione data a una serie di offensive lanciate nel nord della Francia dagli eserciti anglo-francesi nel 1916 sul fronte Occidentale, con l’intenzione di rispondere agli attacchi tedeschi più a sud nella regione di Verdun. Fu utilizzata una quantità di pezzi di artiglieria all’epoca mai vista, tanto che il frastuono dei bombardamenti — stando alle fonti — echeggiò fino a Londra. Come spesso accadde in quegli anni, l’iniziativa si arenò dopo appena 6-7 km, trasformandosi in un autentico tritacarne privo di senso tattico e finendo per passare alla storia come una delle battaglie più sanguinose di tutti i tempi: sommando le parti, oltre 300.000 caduti e almeno il doppio tra feriti e dispersi.
Un tale inferno in terra trova un perfetto commento sonoro in Feuerwalze, che accoglie l’ascoltatore col fischietto degli ufficiali che lanciano l’attacco e lo fa uscire dalle trincee per finire dritto nella terra di nessuno dell’apertura “Cemetery Fields”: sei minuti di assalto frenetico e deragliante, dove gli unici respiri sono tra un blast beat e l’altro. La successiva “Feuerwalze” è addirittura più veloce e in generale nei sette pezzi si trovano ben poche pause, se non quelle necessarie per lanciare ulteriormente la parte successiva. I rari passaggi cadenzati, come “Eternal Attrition” e “Shrapnel Exsanguination”, risultano soltanto momenti di inesorabile marcia verso altra violenza. Perfino le melodie di chitarra, che sui dischi precedenti richiamavano tratti epicheggianti, questa volta prendono più da una pagina del libro di Trey Azagthoth, donando un ulteriore tocco di follia impressionista a un quadro già caotico, che pesca sia nel black più classico dei Marduk o dei Gorgoroth sia da certo death primordiale (qua e là ho avuto alcuni flashback dei padri del war metal Blasphemy, ma potrebbe essere un problema mio) e si tiene alla larga da ogni finezza.
Nessun lato della battaglia viene lasciato alla retorica, la visione di Feuerwalze è quella di un soldato tedesco abbastanza sventurato da trovarsi sul fronte in quel periodo: bombardamenti che durano interi giorni, trincee allagate e infestate da topi e insetti, attacchi lanciati senza criterio da ufficiali inumani, durante i quali salvare la pelle è l’unico trofeo da ottenere, notti illuminate a giorno dai bengala per consentire ulteriori spargimenti di sangue.
Dovendo trovare un difetto, la nuova fatica dei Minenwerfer soffre di un eccesso di caos di fondo che rende fastidioso un ascolto vagamente casuale, ma non escludo che la cosa sia voluta: Feuerwalze non è un album facile né vuole esserlo, è lontano dalla poetica di Alpenpasse e da tanti altri cantori dell’estetica del massacro come 1914 o Kanonenfieber, offre invece un crudo spaccato di ciò che può essere stata una battaglia tanto cruenta da meritare da parte di un veterano la definizione di «parola più spaventosa al mondo».