MISÞYRMING – Algleymi
Quattro anni dopo Söngvar Elds Og Óreiðu, il debutto che li ha catapultati piuttosto a sorpresa nell’olimpo delle band più kvlt degli ultimi anni, tornano i Misþyrming; diverse cose sono successe agli islandesi in questo lasso di tempo, e tutte hanno avuto un forte impatto sul nuovo album.
Prima di tutto, la band di D.G. è oggi a tutti gli effetti un quartetto, e alle registrazioni hanno preso parte, oltre al batterista H.R.H. già presente sul debutto, anche G.E. e T.Í. (basso e seconda chitarra). La composizione è rimasta saldamente in mano a D.G., ma questi in un momento successivo si è aperto alla condivisione e, per arrivare al risultato che oggi tutti possiamo ascoltare, ha ricevuto spunti e aggiustamenti da parte dei suoi compagni d’arme. Strettamente collegato a ciò, nella genesi di Algleymi c’è anche un altro fatto molto rilevante: tutto il materiale era stato scritto e registrato nel 2016, ma arrivati al missaggio finale i ragazzi hanno capito di non essere soddisfatti del risultato e hanno deciso di buttare via tutto, cambiare studio e ricominciare daccapo. La musica è esattamente la stessa che, tra l’altro, era già stata presentata durante la loro esibizione al Roadburn 2016, ma la performance dei quattro musicisti, la strumentazione usata e lo studio di registrazione sono profondamente diversi.
Fatte le dovute precisazioni, prima di parlare dell’album è giusto sottolineare in ultimo come i Misþyrming siano passati da Terratur, una delle etichette più di culto attualmente in attività, a una delle etichette più di ultra culto attualmente in attività, Norma Evangelium Diaboli. La casa dei Deathspell Omega è ormai un certificato di qualità e accetta tra le proprie fila pochissimi gruppi, e D.G. e compagni saranno sicuramente aiutati da questo pregevole risultato; non solo, NoEvDia vanta anche una certa tradizione per quanto riguarda la qualità delle proprie edizioni. Il vinile di Algleymi si presenta infatti corredato da un vero e proprio fascicolo spillato contenente illustrazioni, testi e traduzioni dall’islandese — un ulteriore elemento di discontinuità rispetto al passato, visto che i versi di Söngvar… ancora oggi sono per lo più un mistero.
Da questo libretto vale la pena di prendere le mosse per entrare nel vivo di Algleymi, che parte in medias res con una vera e propria “Orgia”: cinque minuti e spicci di assalto frontale in cui gli islandesi se la prendono nemmeno troppo velatamente con chi se la gode in un mondo che arranca per sopravvivere. I testi sono molto asciutti, le immagini essenziali, e il messaggio espresso dal quartetto è fortemente critico nei confronti di tutto e tutti, che si tratti della società, della vita o dell’Islanda stessa (“Ísland, Steingelda Krummaskuð”: «Islanda, discarica castrata»). L’unica eccezione è “Alsæla”, in cui D.G. urla a briglia sciolta un’ode all’estasi, tutto il resto del disco si muove tra odio, disgusto e quel po’ di velleitario superomismo della title track.
Fin dai primi secondi è evidente la distanza che separa il nuovo album dei Misþyrming dal suo predecessore: i suoni oggi sono molto più tondi, meno sgraziati e al contempo più aggressivi. Non solo la band è maturata dal punto di vista esecutivo, ma c’è anche molto meno spazio per il dark ambient e per le dissonanze alla DSO, entrambi elementi che caratterizzavano fortemente il debutto. A essere rimasto è l’approccio black metal del tutto incompromissorio, che conosce pausa soltanto nella strumentale “Hælið”: un bell’interludio melodico che prepara a un lato B corposo e massiccio. Questo si apre con i tempi medi di “Og Er Haustið…” e si ributta via via nella mischia con riff affilatissimi e doppio pedale a profusione.
Man mano che l’ascolto prosegue, l’impressione che lascia Algleymi è di grande varietà e compattezza allo stesso tempo: D.G. ha composto un album molto sfaccettato, eppure altrettanto coerente, dalla produzione quasi calda per gli standard black metal. A non essere caldo è il novero di sentimenti che i Misþyrming mettono in gioco, nemmeno per gli standard black metal. La scena islandese ormai non è più una sorpresa, esattamente come la qualità del materiale che produce.