MORBID ANGEL – Domination
Parlare dei Morbid Angel è un’impresa più che ardua, poiché si tratta di una band fondamentale per il death metal. L’album in questione è sicuramente quello di svolta, soprattutto grazie all’opera dei due chitarristi: perché allo storico Trey si aggiunge quell’Eric Rutan (si erano da poco sciolti in maniera definitiva i Ripping Corpse) che darà quel qualcosa in più alla band. Se infatti sino a Covenant i Morbid Angel erano una perfetta macchina vecchio stile, Domination per l’epoca si presenta come un disco fresco, con un suono perfetto e un trigger di batteria devastante.
L’apertura con “Dominate” è un assalto frontale, il classico riffato del gruppo diventa base portante per la prova vocale di Vincent che richiama i dischi precedenti, nulla più di quanto già non si conoscesse, ma già da “Where The Slime Live” la storia cambia, così come la struttura dei pezzi che diventa più articolata e ricca di stacchi. Un Trey ispiratissimo e l’uso degli armonici stoppati rendono ancor più particolare questo pezzo lento e cadenzato, all’interno del quale la batteria di Sandoval si limita al mestiere puro, senza inventare nulla. Certamente l’assolo di Azgathoth è uno dei più belli ascoltati e Rutan supporta benissimo le ritmiche: mai coppia di chitarristi fu più azzeccata. Con “Eyes To See, Ears To Hear” si torna a pestare: un pezzo veloce, compatto, nel loro classico stile, dove il growl contrapposto alla voce già effettata di Dave particolareggia il ritornello. Tutto è azzeccato, ma quando ci si aspetta l’ennesima bordata, ecco invece che ci si pone dinanzi “Melting”, il primo dei due brani strumentali: un minuto e venti di accompagnamento leggero, tetro e bisbigliante che conduce diritto dentro la bocca infernale della triade composta da “Nothing But Fear”, “Dawn Of The Angry” e “This Means War”.
La malignità dei Morbid Angel non sta nella velocità esagerata dell’esecuzione, ma nelle note macabre che riescono a mettere insieme: infatti nel terzetto di brani poco più su citati Pete ci mette del suo accelerando parecchio, tuttavia non dimenticando mai d’impostare i suoi classici mid-tempo e le parti lente; scelte stilistiche che rientrano nel marchio di fabbrica del gruppo.
Si arriva così all’osannata “Caesar Palace”: decadente, ampia e profonda come un abisso senza fondo e con un lavoro costantemente rude delle due chitarre, abili pure nell’alternarsi in chiave solistica. “Dreaming” è il secondo strumentale che alleggerisce la situazione e per com’è posizionato pare svolgere il ruolo d’introduzione per “Inquisition (Burn With Me)”, canzone ritmicamente perfetta, ma che non va oltre questo; probabilmente l’unico vero punto debole del disco, se così la vogliamo definire. La successiva e conclusiva “Hatework” rende invece perfettamente l’idea di quello che il titolo propone: è un lacerante, nero e sporco lavoro, il growl diventa profondo e allunga le note come a inseguire un’anima dannata, accompagnato dalla leggiadria delle brevi incursioni melodiche delle chitarre, che per il resto tengono viva una ritmica scarna e decisa. L’odio sa qual è suo mestiere.
Il disco nel complesso è un’ottima prova, riascoltandolo ad anni di distanza si comprende meglio l’essenza dei veri Morbid Angel: il lavoro di produzione è perfetto, gli effetti alla voce di Dave, il trigger non tartassante di Pete e la solistica di due capiscuola della chitarra come Trey ed Eric non avrebbero potuto che partorire una gemma del genere. Pur non intaccando il primato raggiunto con i primi due lavori, credo che Domination sia il vertice massimo della band a livello compositivo, un album in cui la bravura tecnica, lo spirito death metal e la produzione in studio si sono incontrati alla perfezione, chiudendo il cerchio. Il must have della svolta sonora in casa Morbid Angel!