MOROK – Fiery Dances Of Dying
Gruppo: | Morok |
Titolo: | Fiery Dances Of Dying |
Anno: | 2013 |
Provenienza: | Germania |
Etichetta: | Sound Age Productions |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 39:37 |
Accosti il termine "pagan" al termine "metal", e subito si accende la sarabanda di feste della birra, fisarmoniche che sbuffano a ritmo con le chitarre muscolose e souvenir celtici di dubbio gusto. Chi scrive dubita però fortemente che le epoche pre-cristiane, quelle appunto appellate spregiativamente pagane ed evocate in modo raffazzonato da tante formazioni appartenenti al filone pagan metal, fossero così piene di magica gaiezza e gagliarde battaglie all'ultimo sangue. Teme infatti che, vista la natura propria dell'uomo, fossero quelli tempi cupi e sanguinari. Privi delle morali aberranti che sarebbero venute dopo e certamente più legati ai ritmi e all'essenza della Terra, senza dubbio, ma proprio per questo pericolosi e senza regole. Il pagan black metal, altra branchia che si occupa di traslare in musica l'immaginario pagano, ha saputo cogliere decisamente meglio l'entità selvaggia di quelle epoche lontane, e il disco d'esordio dei Morok, formazione operante in Germania ma fortemente influenzata dalla cultura slava, è proprio truce e mesto come un rito funebre nel mezzo delle steppe desolate, le sole irose divinità della morte ad assistere.
"Fiery Dances Of Dying" discende dalla più pura tradizione pagan black metal della Russia, ed è dunque la durezza dei suoni a predominare, sebbene non manchi una marcata propensione alla melodia solenne. Gli accenti sonori tipici del genere, come le scale melodiche d'impostazione folk delle chitarre o il canto pulito ed elegiaco che si alterna all'urlo, sono qui sapientemente amalgamati alla solida ossatura black metal dei brani, ed è tale la carica evocativa della scrittura del gruppo che non c'è neppure necessità del supporto degli strumenti tradizionali per rievocare in maniera vivida l'immaginario culturale di riferimento, ossia quello del folklore dei paesi dell'Est.
Il risultato è un album compatto e al tempo stesso denso di sfumature. Brani come "Fiery Dances Of Light", posto in apertura, oppure "By A Maelstrom Of Thawed Brooks" o ancora "With Glow Reddening Sky…" amalgamano mirabilmente al proprio interno l'incedere bestiale che fu degli Hate Forest e ora dei Drudkh con la struggente carica melodica degli Arkona (ma senza la pompa talvolta stucchevole della formazione russa). La scaletta è ottimamente bilanciata e piazza al punto giusto i maligni assalti di "An Eye For An Eye" e le tristezze acustiche di "Shadows Of The Gone" dove risalta chiaro il clima amaro dell'album.
Titoli come "The Last Path" o "The Winds Will Not Hear The Groans Of The Soil" non lasciano dubbi, d'altronde: la musica dei Morok è carica di oscuri presagi, odora di terra e di morte, e se le chitarre feriscono e piangono, non è certo da meno la voce greve e potente dell'ottimo cantante Berstuk che, supportata dal tono lamentoso proprio dell'idioma slavo, raggiunge nei passaggi puliti livelli di pathos sinceramente emozionanti. Per essere opera prima, "Fiery Dances Of Light" mostra insomma una chiarezza d'intenti davvero encomiabile.