"Ravnsvart": il ritorno dei Mortem al black metal old school

MORTEM – Ravnsvart

Gruppo: Mortem
Titolo: Ravnsvart
Anno: 2019
Provenienza: Norvegia
Etichetta: Peaceville Records
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TRACKLIST

  1. Ravnsvart
  2. Sjelestjeler
  3. Blood Horizon
  4. Mørkets Monolitter
  5. Truly Damned
  6. Demon Shadow
  7. Port Darkness
  8. The Core
DURATA: 45:31

La notizia che i Mortem — storica formazione norvegese con Steinar Sverd Johnsen e Hellhammer — erano tornati insieme passò un po’ in sordina, nei primi mesi del 2018. Pareva una di quelle news di reunion che non portano a nulla, per di più riguardava un nome con il quale era stato pubblicato poco o niente, essendo stato, in soldoni, il trampolino di lancio dei più estrosi e produttivi Arcturus. E invece, dopo un anno e mezzo, ci ritroviamo con un quartetto a base di vecchie brutte facce e una new entry con un curriculum di tutto rispetto: a Steinar (che in questo caso si occupa tanto delle tastiere quanto della chitarra), Jan Axel (dai, è sempre lui) e Marius Vold (che avevamo lasciato capellone in piena esplosione adolescenziale e che ritroviamo grosso e cattivissimo) si aggiunge Tor Risdal Stavenes (Seidemann per gli amici), bassista di lungo corso e membro fondatore dei 1349. Le premesse per fare un po’ di musica del male ci sono, ma il rischio di trovarsi tra le mani l’ennesimo compitino da all-star band è concreto.

Fughiamo subito quest’ultimo dubbio, perché Ravnsvart, già dalle primissime note della title track, mette in chiaro che i Mortem non sono tornati così, per sport, bensì per fare buon uso delle mazze con cui si sono presentati perfino sul palco del Rockstadt Festival ai primi di agosto. Hellhammer picchia come un forsennato, supportato dall’esperienza al basso di Stavenes e dalle imponenti melodie marchio di fabbrica di Steinar, che con chitarra e tastiere è ancora perfettamente in grado di spiegare il black atmosferico a tutti gli sbarbatelli là fuori. Ravnsvart è un macigno di una pesantezza e di un tiro inaspettati, non solo per la mole di suoni innalzata dagli strumentisti ma anche e soprattutto per lo screaming orchesco di Marius Vold, tra gli elementi più old school di questo riuscito mix di vecchio e nuovo. Un mix che non riscrive la storia né la espande, ma mostra ulteriori dettagli di un genere che appare tutt’altro che morto o in agonia, grazie alla sapienza e all’attitudine di chi ha contribuito a inventarlo e a fornircene nuove interpretazioni nel tempo. Non c’è un pezzo che spicca più di un altro, il disco è, infatti, di un’omogeneità robusta e trascinante: i quattro non si pongono problemi nemmeno a piazzare un mid-tempo come “Mørkets Monolitter” al centro dell’album, o quella tempesta di legnate che è “Port Darkness” quasi alla fine.

I Mortem confezionano un ritorno in grande — in certi frangenti perfino grandissimo — stile, segno che l’esperienza maturata in realtà diverse non ha spento lo spirito maligno che animava questi (ormai non più) ragazzi sul finire degli anni ’80. L’auspicio è che non passino altri trent’anni prima di rivedere il cattivissimo logo dei Mortem stampato sulla copertina di un disco, perché sì, Ravnsvart è bello e ne vogliamo ancora.