NEPTUNIAN MAXIMALISM – Éons
Autoproclamatasi «comunità di ingegneri culturali» (usando la stessa locuzione coniata da Genesis P-Orridge, cultural engineers), Neptunian Maximalism (NNMM) è prima di ogni altra cosa un progetto musicale del polistrumentista Guillaume Cazalet e del sassofonista free-jazz Jean-Jacques Duerinckx, nato durante una residenza artistica insieme ai batteristi Sebastien Schmit e Pierre Arese a Bruxelles nel 2018. Nel 2019 la formazione si è ulteriormente allargata includendo altri sette musicisti di vario ordine e grado, ma comunque tutti afferenti al mondo dell’improvvisazione e della ricerca. Éons è il prodotto della succitata cosa a quattro sperimentata nello spazio HS63, nella capitale belga, quindi è un lavoro vecchio di due anni; vecchio si fa per dire.
Già, perché Éons non è semplicemente qualcosa di nuovo, è una vera e propria esperienza fuori dal tempo e, se possibile, dallo spazio: più di due ore di musica suddivise su tre dischi, volte a esplorare l’evoluzione del genere umano fino all’escatologico epilogo dell’Antropocene, l’era che stiamo vivendo, così come l’hanno chiamata il biologo Eugene F. Stoermer e il nobel Paul Crutzen. Nell’immaginario surreale dei NNMM l’era degli umani verrà soppiantata dal “Probocene”, dominato, come il nome lascia intuire, da elefanti dotati di un’intelligenza superiore; e questa è l’idea alla base dei tre cicli narrativi di Éons: To The Earth, To The Moon e To The Sun.
Il primo, dedicato al nostro martoriato pianeta Terra, si annuncia come un mastodonte a base di tribalismo allucinato e profonde fenditure di sassofoni e tromba; “Daiitoku-Myōō No Ōdaiko…” è imperiosa e sacrale nel suo incedere, fino a diventare volatile nelle schegge impazzite dell’ultimo minuto. “Nganga : Grand Guérisseur Magique De L’Ère Probocène” è un primo assaggio della trance cui i Neptunian Maximalism vogliono indurci, con un tappeto di percussioni spasmodiche e di voci sciamaniche. Ma Éons non è fatto solo di ritmi sincopati, perché gli ottoni, il sitar e gli altri cordofoni disegnano anche spazi sconfinati, le grandi pianure su cui gli elefanti si muovono in enormi branchi dettando la loro nuova legge. To The Earth è la parte dell’album in cui la varietà e la versatilità proprie del free-jazz costituiscono le tappe di un viaggio alla radice delle nostre origini culturali e spirituali: vengono citati l’Enūma Eliš, un poema teogonico babilonese, come anche il demone mesopotamico Lamashtu, incubo delle partorienti; ma soprattutto l’enorme lavoro del ricercatore in linguistica di base a Cambridge Pierre Lanchantine, autore dei proto-linguaggi immaginari alla base dei testi di Éons.
To The Moon calca ulteriormente la mano sui parossismi ritmici, ma nel contempo dà spazio agli strumenti elettrici e all’effettistica, per un crescendo di droni che punta a farci perdere coscienza in modo definitivo. Se già sulla prima parte del trittico “Vajrabhairava…” la vostra mente non si è dissociata, lo state facendo nel modo sbagliato: voci dagli abissi, risonanze che sembrano eterne, echi di sax e batterie possedute dalla collera primordiale dell’yidam citato nei titoli trascritti anche in alfabeto tibetano. Sotto lo sguardo della Luna l’uomo si prostra di fronte alla luminosa figura dell’elefante intelligente e passa il testimone; sorge il sole, comincia il Probocene.
“Eôs : Avènement De L’Éon Evaísthitozoïque Probocène Flamboyant” è un sontuoso, pachidermico affresco drone lungo diciotto minuti e mezzo, creato ponendo un’attenzione quasi commovente alle frequenze, alla dissonanze e ai cromatismi che generano stratificandosi. Disco devoto allo spettralismo e riecheggiante da lontano lo Jóhann Jóhannsson di Arrival, To The Sun è la parte più cosmica e trascendentale di Éons, la sua forma più psichedelica e meditativa, in cui la grande opera di ricerca e le sorprendenti capacità d’improvvisazione dei NNMM raggiungono un livello celestiale.
Siamo davanti a un capolavoro, che merita di essere ricordato negli anni a venire – sempre che il Probocene non irrompa prima del previsto – come un nuovo e ambizioso modo di coniugare linguaggi diversi ma compenetranti. Ci potrete sentire dentro tanto Coltrane quanto Sun Ra, gli Earth come gli Swans o John Zorn, e il merito più grosso dei Neptunian Maximalism è proprio quello di aver dato una forma coesa a tutte queste influenze. Necessaria una menzione anche per lo splendido, inquietante lavoro artistico del giapponese Kaneko Tomiyuki (specializzato nell’evocare figure della mitologia utilizzando tecniche antiche), che fa da collante grafico a questo triplo album monumentale.