Niht - Arcanum

NIHT – Arcanum

Gruppo: Niht
Titolo: Arcanum
Anno: 2021
Provenienza: Austria / Germania
Etichetta: Ván Records
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TRACKLIST

  1. Angst
  2. Schmerz
  3. Lüge
  4. Sucht
  5. Hass
  6. Wahn
  7. Tod
DURATA: 34:26

Attenzione, pericolo di kvlt. Un disclaimer doveroso, in apertura di recensione, perché Arcanum, il secondo disco del duo austriaco-bavarese dei Niht, è lì lì sospeso sul filo sottile tra culto e scopiazzo. L’album, uscito indipendentemente lo scorso dicembre su Bandcamp, è stato pubblicato in formato CD e vinile dalla Ván Records questo aprile, segnando così un altro traguardo tagliato dalla formazione, che nel 2017 si era autoprodotta anche il debutto Vanum.

Arcanum pesca a piene mani dal passato e non ci prova nemmeno a farne mistero. Già dal solo punto di vista estetico, con il corpsepainting e i cinturoni coi proiettili esibiti dalla chitarrista S. e dal bassista-cantante Z. (entrambi anche nei Nekrovault) nell’unica foto compresa all’interno del libretto, cui si affiancano poi tre loschi figuri amabilmente vestiti con abiti da medico della peste. Insomma, non ci sono big sunglasses a provarlo, ma ci manca pochissimo; ora azzarderei a scommetterci un pelino in più sul valore del nuovo album dei Niht.

Sul fronte prettamente musicale, siamo ancora lì. I mid-tempo, le distorsioni, i risvolti in blast coi riff in tremolo urlano Anni Novanta senza sosta. C’è tanta Scandinavia, in Arcanum, ma anche molta Germania, e forse i Darkened Nocturn Slaughtercult sono uno dei riferimenti migliori per inquadrare certe idee dei Niht. Fatte queste premesse, però, va detto che il disco non è esclusivamente un omaggio al mondo old school. Se da un lato si sente prepotentemente l’influsso delle formule nere più moderne ma non meno oltranziste (come quelle dei polacchi Mgła o delle olandesi Asagraum), dall’altro è prominente l’influenza di un certo tipo di depressive, specialmente sul cantato di Z., diviso tra inglese e tedesco con sparute incursioni di latino come culto comanda, nonché su alcuni arpeggi di S., sebbene in misura minore.

La scaletta di Arcanum, vista da vicino, si presenta compatta e diretta. Sette tracce per poco meno di trentacinque minuti significa brani brevi e sintetici, che non si perdono per divagazioni allunga-brodo e che tirano dritti al punto. Un pregio da non sottovalutare in un mondo in cui in troppi tentano la via dei pezzi da oltre dieci minuti, finendo per cacare fuori idee deludenti e inconsistenti. Pare abbastanza chiaro come i Niht stessi non abbiano voluto diversificare eccessivamente la loro proposta: i due si trovano palesemente a proprio agio in quel mare di putridume e urla echeggianti, tant’è che al netto di una uniformità potenzialmente deleteria Arcanum riesce a farsi apprezzare senza troppi problemi.

Insomma, se anche tu passi la vita in equilibrio sul filo sottile della lametta, tra black e depressive, nichilismo e auto-distruzione, Arcanum ti sarà di buona compagnia. Ora che sono anche riusciti a finire sotto un’etichetta discretamente nota nel settore, e superato lo scoglio del secondo album, è lecito crearsi delle aspettative sul futuro dei Niht: finire nel dimenticatoio è un rischio concreto, ritagliarsi un proprio spazio nella nicchia del culto una possibilità a portata di mano.