NOMINON – Diabolical Bloodshed
I Nominon sono una creatura death metal temporaneamente in pausa, sorta agli inizi degli anni Novanta, ma che pubblicò il suo vero e proprio debutto, questo Diabolical Bloodshed, solo nel 1999. Al tempo la formazione di Jönköping era composta da Niklas Holstensson alla voce, Jonas Mattsson (ex Devian, Griftegård, Rise And Shine e Sargatanas Reign) e Juha Sulasalmi alle chitarre, Lenny Blade (ex Funeral, Hypnosia, Bullet, Pagan Rites e Church Bizarre) al basso ed Emil Dragutinovic (ex Marduk, Devian e The Legion) alla batteria.
Lo stile del disco è il più classico degli esempi di death metal di stampo scandinavo, del resto la band nacque nel periodo più florido del movimento e fu contagiata sin da subito, cronologicamente parlando, dal morbo mortifero di gente come Entombed e Dismember. È altresì vero che in alcune sezioni è possibile percepire l’influsso statunitense dell’era primordiale di artisti altrettanto seminali come Morbid Angel e Malevolent Creation, e questo influsso arricchisce una proposta tanto familiare quanto sempre ben accetta. L’esplosiva miscela di marcescenza, melodie accattivanti e sinistre e atmosfere cupe si concretizza in schegge come “Malicious Torment”, “Sodom’s Fall”, “Servants Of The Moonlight”, “Cemetery Of Life” e “No Holy Ghost Shall Rise”, mantenendo sempre la prestazione nel suo complesso ben più che una semplice robetta da mestieranti. Diabolical Bloodshed era un buonissimo album al tempo della sua pubblicazione e lo è tutt’oggi. È ancora un disco per chi ama il death metal arricchito da incursioni soliste di buona fattura, ed è dotato di una produzione che valorizza la strumentazione in tutti i suoi elementi, apprezzabile in particolare per il rilievo garantito alle linee di basso di Blade; viceversa la voce di Holstensson avrebbe forse meritato maggiore spinta nel mix.
I Nominon sono una compagine che probabilmente avrebbe meritato un maggior seguito, e mette un po’ di nostalgia pensare a come altre realtà valide e longeve quanto loro (chessò, i Paganizer, per esempio), rimangano ancora oggi poco note ai più. I ragazzi sono stati per un quarto di secolo faticatori dalle spalle larghe, che aggiungono sprazzi di qualità notevole disseminati qua e là a una base death svedese solida e riconoscibile. Una band che si farà facilmente strada fra chi vive di pane, sonorità old school e anni Novanta, composta da onesti quanto efficaci operai del genere.