NON EST DEUS – Legacy
Il tedesco Noise è uno dei musicisti più prolifici della scena estrema: attivo da solo cinque anni, vanta ben otto dischi divisi in tre one-man band diverse di cui cura ogni singolo aspetto, tutti pubblicati attraverso una etichetta che gestisce lui. Tanta iperattività corrisponde però a livelli sorprendentemente alti, dato che parliamo di Kanonenfieber e Leiþa oltre al progetto in questione Non Est Deus. La divisione del materiale compositivo viene fatta in base a direzioni molto ben caratterizzate: se i Kanonenfieber sono allo stesso tempo descrizione e critica del militarismo della Prima Guerra Mondiale, a nome Leiþa viene pubblicato un flusso di cupe riflessioni filosofiche, mentre Non Est Deus, come il nome lascia intendere, rappresenta la faccia dedicata alla critica spietata di ogni religione.
Legacy esce a due anni di distanza dall’ottimo Impious e rappresenta una notevole evoluzione sia in ambito musicale che testuale, mentre l’onnipresente Noise mantiene tutte le deleghe a strumenti ed aspetti dello studio di registrazione. Dopo un album in solo formato digitale e due CD Non Est Deus esce già studiato per il formato vinile fornendo una tracklist divisa in due, e sfoggia una copertina ad opera di tale “Khaos Diktator”, meglio noto come Atterigner in veste di cantante dei Gorgoroth.
Dal punto di vista musicale, Legacy si discosta dal black abbastanza canonico scelto finora da Noise per spostarsi su un sound più rallentato, con ritmiche quasi heavy alternate a blast beat a media velocità secondo la scuola death melodico scandinava, e anche lo stile vocale abbandona lo screaming acuto di Impious in favore di un timbro lievemente più grave, con uno stile di declamazione non troppo diverso da Mikael Stanne dei Dark Tranquillity. Sono altresì scomparsi i cori e le parti narrate che punteggiavano l’ultimo album.
Le melodie dominano tutti i quaranta minuti dell’LP, il riffing ritmico si limita all’accompagnamento di trame che attingono da nomi come Dissection o At The Gates ma anche momenti epicheggianti à la Amon Amarth, mentre i passaggi più spediti e canonicamente black metal richiamano maggiormente la scuola finnica anni ’00 di gente come Thy Serpent e Catamenia, soprattutto nell’uso dei tappeti di doppia cassa.
La produzione privilegia l’aspetto live, portando un sound pulito ma non troppo rifinito e privo di orpelli e sovraincisioni eccessive. Il risultato sono canzoni molto comprensibili fin dal primo ascolto, pur perdendo dal lato dell’irruenza e dell’aggressivo muro di suono che poteva forse giovare visti i ritmi più lenti del normale black metal.
Dal punto di vista testuale il buon Noise tiene a freno la consueta blasfemia iconoclasta dei Non Est Deus e si dedica a una serie di cupe istantanee sul concetto di morte e più genericamente di fine. Da bravo e feroce ateo, il mastermind nega recisamente in ogni canzone l’esistenza di un aldilà o di una salvezza: tutti muoiono, tutto marcisce, e se hai seguito una religione o un profeta che ti ha fatto credere il contrario… peggio per te. Non c’è spazio per lo humour nero che faceva capolino nei lavori precedenti, Legacy è dannatamente serio nel suo nichilismo.
Stando alle intenzioni annunciate a mezzo web i Non Est Deus avranno un’attività live a partire dall’anno prossimo, ed è una gran bella cosa in quanto Legacy ha qualche difetto che sembra fatto apposta per essere limato con la dovuta cattiveria da palco. Per il resto, è da ammirare la capacità di Noise di portare avanti tre discorsi separati, dotati ciascuno di una sua evoluzione e vita propria, senza lasciare che l’uno contamini l’altro.