NUCLEARTE – Endo
Una carriera iniziata venti anni fa, un sound personale ed eclettico e un curriculum di tutto rispetto: nel nostro ambiente sento spesso dire che la musica italiana — specialmente quella leggera — sia scadente e qualitativamente non all'altezza del resto del mondo, eppure progetti come i Nuclearte dovrebbero ricordarci che anche la Penisola è in grado di offrire musica di alto livello.
"Endo" è un disco particolare, lontano da ciò di cui parliamo solitamente su queste pagine, ma comunque affascinante e senza dubbio interessante per chi crede ancora nella scena del nostro Paese; un ottimo esempio di World Music che spesso strizza l'occhio al mondo Prog, dove elementi Pop, Rock, Dub ed elettronici arricchiscono l'esperienza senza stravolgerla e lasciando ampio spazio alle sonorità etniche che pervadono l'ascolto dall'inizio alla fine. Tre sono i principali punti di forza: in primis le atmosfere, mediterranee in una maniera che anche gli Ecnephias hanno saputo in qualche modo inglobare nei propri brani, tuttavia ponendosi in questo caso come colonna portante della musica, soprattutto attraverso le tastiere e la voce di Ramya; quest'ultima rappresenta il secondo fattore alla base del successo del lavoro, grazie alla performance dall'attitudine mediorientale e all'uso di una lingua a noi sconosciuta le cui radici pare risiedano nella costellazione delle Pleiadi; infine, le linee di basso, vero cuore pulsante dei brani, in grado sia di fornire sempre il giusto ritmo ai pezzi — in perfetta sintonia con la batteria — sia di offrire numerosi spunti di interesse nel corso di essi, ergendosi così a fattore di primaria importanza.
Ciò non significa però che gli altri strumenti siano meri abbellimenti, tutt'altro: a partire dalla chitarra, spesso presente a enfatizzare ulteriormente le sensazioni etniche e altrettanto frequentemente atta ad aggiungere un lieve tocco Rock in alcuni brani; lo stesso si può dire dell'elettronica che si manifesta attraverso sintetizzatori ed effetti, con lo scopo di donare maggiore intensità alle atmosfere. Infine, com'è ovvio che sia in un album del genere, il contributo di elementi esterni è assolutamente rilevante: a partire dallo hang (che personalmente adoro, ancor di più in un contesto come questo), passando per l'oud e arrivando al violoncello, senza dimenticare le percussioni aggiuntive e l'immancabile pianoforte, il sound — già di per sè ricco — viene ulteriormente impreziosito senza che vi sia un singolo momento di debolezza.
Considerando che "Endo" si presenta come una sorta di ponte tra il mondo che conosciamo e uno alieno, è difficile non rendersi conto del forte impatto emotivo e spirituale che questi dieci brani sprigionano; il concept, rappresentato graficamente ponendo all'esterno immagini umane e terrestri in contrasto con l'ignoto dell'interno, viene quindi realizzato con suoni eterei e celestiali, capaci di trasportare l'ascoltatore in un'altra dimensione. Avrete intuito che questo disco mi ha colpito molto positivamente, pertanto non posso che consigliarlo a chiunque voglia provare un'esperienza diversa dai soliti ascolti, ma ugualmente intensa.