OMNIA MALIS EST – Víteliú
Il binomio metal-epicità regala da sempre perle di inestimabile valore artistico, sia che si tratti di sonorità classiche che estreme. Il primo album della band di origine lucana degli Omnia Malis Est, intitolato Víteliú (derivazione dall’osco, da cui si ipotizza possa essere nato il termine «Italia»), si colloca in quest’ultimo settore ed è un gioiellino di black metal fiero e battagliero che narra della strenua resistenza dei Sanniti contro l’assimilazione da parte di Roma.
La proposta di Uruk-Hai — unica mente dietro al progetto, con l’aiuto di alcuni ospiti — celebra in primis l’onore ottenuto attraverso la battaglia, unendo atmosfere valorose e orgogliose a ritmiche sostenute e travolgenti (opera di Davide “Brutal Dave” Billia alla batteria e Gabriele Gramaglia al basso), associate a un cantato in scream ben scandito impostato su tonalità gravi. Le melodie generate dalle chitarre originano un pathos che non ha soluzione di continuità e che si rivela la carta vincente del disco insieme al suo senso narrativo, enfatizzato nei rallentamenti dalle declamazioni in voce pulita. Laddove poi in “Al Dì Delle Forche” le asce divengono più aggressive e impetuose, quasi thrash, intervengono le tastiere a donare un’aura musicale che riporta indietro nel tempo, fino all’antichità, senza però il bisogno di scadere in dozzinali melodie folk. Vi sarà perciò impossibile non entusiasmarvi nel quasi-ritornello di “Víteliú” che chiama a raccolta i popoli italici o durante le strofe impetuose cantate in linguaggio osco di “Al Dì Delle Forche”, inneggianti a Giove.
Arrivati ad “A Diana” invece emerge il lato più umano e terreno del guerriero, che umilmente si rivolge alla dea per ottenerne il favore, così la musica assume una vena malinconica e offre alcuni fra i passaggi più emozionanti del disco, specie in versione acustica, prendendo in prestito i versi di Catullo per l’ultima strofa. Il successivo intermezzo strumentale “Ner Tefúrúm” segna una vera e propria sospensione dello stridore delle spade, rifugiandosi in atmosfere malinconiche e introspettive completamente estranee al resto della scaletta, eseguite da Gabriele Gramaglia. “Battaglia Di Porta Collina” porta a nuove vette il pathos tragico di Omina Malis Est: la superbia dei Sanniti, e in particolare del reparto di élite della Legio Linteata, si esprime nella volontà di cadere in battaglia nella grazia degli dei, piuttosto che arrendersi agli odiati Romani senza combattere; gli stessi concetti sono ripetuti nella conclusiva “Disfatta”, che tuttavia non raggiunge la stessa intensità emotiva e anzi si rivela il brano meno caratterizzato e incisivo del lotto.
“Sabella Carmina” dal canto suo presenta una grande doppia collaborazione vocale, funzionale alla narrazione: dopo una prima fase che descrive formule magiche propiziatrici, riti scaramantici affini alla magia eseguiti per ingraziarsi gli dei, Kaiaphas dei Thokkian Vortex presta la propria voce, efferata e tagliente, nel più classico scream di tradizione black metal old school, mentre Diana Luna dona un carattere sacrale e appunto magico al tutto con la sua splendida voce femminile, in uno dei frangenti più incantevoli dell’album.
Da un punto di vista lirico, Víteliú è un excursus sulla storia e sulla cultura dei Sanniti, ricco di nozioni e richiami davvero interessanti, che dimostrano la bontà del lavoro di ricerca svolto da Uruk-Hai. Il suo scopo è di redimere e omaggiare la resistenza durata secoli della popolazione italica contro l’espansionismo romano. La lettura del libretto vi permetterà di conoscere la composizione degli eserciti confederati nella guerra sociale contro Roma (nella quale si rivendicavano maggiori diritti di cittadinanza) o di assistere all’umiliazione romana subita nella battaglia delle Forche Caudine attraverso le parole dello storico latino Tito Livio, contenute negli Ab Urbe Condita. Inoltre incrocerete la ricorrenza della «Primavera Sacra», tramite la quale animali (in senso fisico) e primogeniti venivano sacrificati al dio Mamerte: questi ultimi erano cresciuti allo scopo di emigrare e fondare nuove colonie, partendo dal sacro lago di Cutilia (nell’odierno territorio di Rieti) e seguendo le indicazioni dell’animale totemico, in questo caso il toro.
In conclusione, Víteliú si è piazzato a sorpresa nella mia top 5 del 2015, forte di un grado di coinvolgimento elevatissimo e di un altrettanto interessante apparato concettuale. Se siete adoratori delle sonorità estreme ed epiche, Omnia Malis Est è un nome da non lasciarsi scappare!