OMOTAI – Fresh Hell
Gruppo: | Omotai |
Titolo: | Fresh Hell |
Anno: | 2014 |
Provenienza: | U.S.A. |
Etichetta: | The Treaty Oak Collective |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 33:05 |
I texani Omotai si erano presentati col botto nel 2012, dandoci in pasto il gran bel debutto intitolato "Terrestrial Grief", all'interno del quale una sontuosa miscela di sonorità sludge, post, noise, stoner e psichedeliche andava di volta in volta mescolandosi, dando vita a un andamento ritmico pesante, ipnotico e in alcuni tratti quasi schizoide. Dal rilascio di quell'uscita sono trascorsi due anni ed ecco che il trio composto da Melissa Lonchambon (basso e voce), Anthony Vallejo (batteria e voce) e Sam Waters (chitarra e voce) si rigetta nella mischia, mettendoci a disposizione il secondo album "Fresh Hell".
La tipologia di proposta racchiusa in questa prova è similare a quella consegnataci nel recente passato, infatti abbiamo nuovamente a che fare con una mistura eterogenea di generi capace di assecondare l'incedere del pezzo, garantendo alle varie entità sonore che la compongono gli spazi necessari per essere efficaci, sia nei frangenti in cui domina la pesantezza che in quelli dal carattere più agrodolce ed etereo. Le uniche modifiche attuate al modus operandi con cui vengono elargite le loro mazzate sono riscontrabili per lo più nell'impostazione delle melodie, a oggi più ordinate e fluenti nel loro corso, negli ingressi di voce pulita in accompagnamento di Melissa ("Giant Pygmy", "Throat Of Snakes" e "Laser Addict") e in una produzione ancor più professionale e limpida, perfetta nel rendere chiaramente intellegibili i vari fraseggi e cambi di tempo interni alle tracce, permettendo di apprezzare così il buon operato svolto dai tre musicisti.
Il disco non ha di per sé vere e proprie pecche, trovo infatti difficile credere che episodi come "Back Office", "Leglifter" e "Laser Addicts" non riescano ad allietare la giornata di un qualsiasi fan di tante delle band da cui questi ragazzi traggono influenze, alcune delle quali sono state elencate nel testo della recensione di "Terrestrial Grief". Al tempo stesso con il passare del tempo è però possibile rendersi conto del fatto che gli statunitensi, pur non avendo sbagliato nulla, hanno forse tenuto un po' il freno a mano tirato, tant'è che sia gli scatti schizofrenici che quella sorta di entropia noise fautori dell'esplosività del loro suono pare siano stati riformulati e resi volutamente più asciutti, diretti e maggiormente fruibili, perdendo così un pizzico di quel fascino acido che li contraddistingueva.
In definitiva, mi sento di promuovere nuovamente gli sforzi proferiti dagli Omotai: "Fresh Hell" non sarà un capolavoro, ma si fa gustare senza troppi problemi, regalandoci trentatré minuti di buona musica rivolta agli appassionati di questi miscugli sonori; se lo siete, incrociare un lavoro simile non vi potrà di certo dispiacere. Ovviamente dal loro futuro terzo parto mi attendo decisamente di più e mi auguro riescano quantomeno a bissare qualitativamente la prova offertaci con "Terrestrial Grief", quello sì che sarebbe davvero un gran bel colpo.