ONIRIK – The Fire Cult Beyond Eternity
Chi frequenta il black metal portoghese si sarà già imbattuto nello strano progetto Onirik, messo in piedi dall’oscuro Gonius Rex, devoto all’iconografia più classica del genere e dotato di una comunicativa bizzarra ed esoterica, tipica dei paesi latini. Dopo una prima parte di carriera contraddistinta da un’attività più o meno serrata per non dire frenetica, il buon GR ha rallentato i ritmi per delineare uno stile che via via si è fatto sempre più personale e, se possibile, ermetico, come testimonia l’ispirato e cupissimo Casket Dream Veneration (2015, Necroshrine) e il disco che abbiamo fra le mani, The Fire Cult Beyond Eternity, uscito per la nostrana I, Voidhanger.
È Gonius Rex stesso a presentare la sua ultima fatica come una risalita fiammeggiante dagli oscuri reami inferiori esplorati dal suo nero predecessore, mettendo in musica un odio capace di ustionare anche la più fredda delle anime all’ascolto. L’oniromanzia, la forma di divinazione basata sui sogni, è la colonna con cui Onirik costruisce il proprio castello di parole, suoni e immagini mentali: una struttura che pare nascere, ma sembra perfino costituita, dal caos primordiale, che nonostante tutto porta con sé un ordine dentro il quale si impara presto a muoversi. In “Cult Beyond Eternity” sono le litanie vocali di GR a guidarci, e le linee melodiche che affiorano dall’intricato tessuto chitarristico che, grazie a una produzione in bilico fra il selvaggio e il razionale, si inserisce alla perfezione nel tappeto ritmico del basso e della batteria.
Strumento che merita una menzione particolare perché dietro le pelli, a menare come un fabbro, c’è quel losco figuro di Dirge Rep (già con Enslaved, Gehenna, Djevel e Orcustus), autore di una prova sontuosa per complessità e sostanza. Questi due ultimi sostantivi possono fare da sintesi per la musica di Onirik, che in mezzo a una foltissima selva di riff riesce a trovare e a farci trovare una chiave di lettura a volte sorprendente a volte familiare: lo fa addirittura nella lunga e labirintica “Assigned To The Inexorable Flames”, vero e proprio vortice di spirito faustiano, fuoco e nichilismo, capace di sbatterci con forza sugli scogli della successiva “Melodies Of Reflection And Praise”. Solennità e il solito sbalorditivo lavoro di chitarra disegnano scenari vulcanici per non dire infernali: arpeggi dissonanti si aprono spesso in curiose scale melodiche al cui supporto partecipa in più di un frangente anche un basso irrequieto. “Granted The Vision, Molded Into Stone” calca un po’ sul freno, ma solo perché un fiume incandescente ci sta letteralmente sciogliendo fino a renderci tutt’uno con la pietra.
Perché di pietra è la fortezza che Gonius Rex innalza con gli ultimi due brani, “Murmurs Of The Aging Vessel” è massiccia e porta ancora in seno un nucleo che irradia rovente malvagità, mentre la martellante “Apathy Of Might” ci ri-scaraventa sopra l’incudine sulla quale Dirge Rep picchia come un titano. L’ascesa fiammeggiante si conclude con il raggiungimento di una nuova ma antidiluviana consapevolezza.
The Fire Cult Beyond Eternity è un lavoro di una bellezza occulta che stordisce; la tentazione di rimetterlo su una volta finito è fortissima, anche se il rischio è di ritrovarsi il cervello liquefatto. Prova di maturità superata a pieni voti per Onirik; se devono passare altri cinque anni prima di un altro album di questo livello va bene, al bando l’iperattività. E naufragar m’è dolce in questo mare di lava.