L'ultimo omaggio a una persona cara da parte dei Pando

PANDO – Negligible Senescence

Gruppo: Pando
Titolo: Negligible Senescence
Anno: 2016
Ristampa: 2019
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Aesthetic Death
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TRACKLIST

  1. Residue
  2. Runt
  3. Trek Through Utah Desert
  4. Mommy Eats
  5. The Suite Shuffle
  6. The Contemporary Disposition of Accepting The Ground As Human
  7. Allissandrina
  8. Ohm
DURATA: 53:49

Dopo averci fatto conoscere le sperimentazioni di Pando con Hiraeth, Aesthetic Death ci riporta indietro fino alle origini del progetto con la ristampa del debutto Negligible Senescence.

L’opera è dedicata ad Allisandrina Levine, signora di Springfield morta nel 2014 dopo una lunga battaglia contro il cancro al seno. Non si tratta di un personaggio particolarmente noto, ma è molto probabilmente importante per almeno uno dei componenti del gruppo: stando alle informazioni che ho potuto trovare, Adam Bryant è infatti il nipote della donna. Spero di non dover mai più girovagare tra gli obitori online per capire il significato di un album, anche se quantomeno abbiamo intuito il valore emotivo che sostiene questo lavoro. La scelta del titolo Negligible Senescence, inoltre, rimanda a un termine scientifico — in italiano senescenza trascurabile — riferito agli organismi viventi che non mostrano segni visibili di invecchiamento; il parallelo con Allissandrina potrebbe essere legato alla forza e all’energia con cui ha vissuto, combattendo fino alla fine contro un nemico così malevolo.

I Pando scelgono di usare poche parole nei propri brani, tuttavia la scarsità non è indice di minore efficacia; l’importanza della compianta nonna trasuda infatti da ogni singolo verso dei testi: a partire dalle frasi strappalacrime di “Residue”, passando per il difficile rapporto con le medicine, arrivando infine al dolore del lutto e ai ricordi. La rara presenza della voce — peraltro urlata con l’angoscia tipica degli anfratti più angusti del black metal — riesce comunque a essere pregna di significato e tale valore viene ulteriormente amplificato dalle numerose registrazioni telefoniche presenti nei brani.

La sofferenza passa anche per il comparto strumentale, dove vari generi si piegano alle necessità espressive dei musicisti: complessivamente il sound suona molto americano, con le chitarre acustiche ispirate al blues e al country che spesso guadagnano un discreto spazio all’interno dell’album; tuttavia, il duo sperimenta senza soluzione di continuità: flirtando con il suono tagliente del black metal in “Residue”, aggiungendo beat industriali in “The Suite Shuffle” e sprofondando negli abissi oceanici dell’ambient più cupa con “Ohm”. Le tracce sono elaborate da un tocco elettronico che talvolta sfocia nel rumorismo: “Mommy Eats” ad esempio è basata principalmente su questa caratteristica, ma sono presenti altri momenti in cui tutto viene distorto in maniera del tutto controllata dai Pando .

Il duo sa come sfruttare al meglio questo indescrivibile minestrone e lo dimostra già dal brano in apertura, con un crescendo di intensità e cacofonia che, al termine della sua corsa, trasforma tutto d’un tratto la musica grazie all’ingresso possente del basso; altro elemento degno di menzione è l’atmosfera di “Trek Through Utah Desert”, perfettamente adatta al titolo del pezzo grazie all’uso di suoni che sembrano far materializzare le calde sabbie del deserto.

La natura dei Pando non è semplice da decifrare e non lo era già ai tempi di Negligible Senescence, tutto sommato non molto più accessibile rispetto al più recente e maturo Hiraeth; si tratta di una realtà che riesce a sfruttare la propria particolarità per risultare affascinante, seppur per pochi coraggiosi. La caratteristica più bizzarra è forse il fatto che un lavoro di questo tipo rappresenta un omaggio a una persona cara ai musicisti, ma in fondo è dalla capacità di esprimere emozioni in maniera personale e senza freni che si vede il valore di un artista.