Panzerfaust - The Suns Of Perdition - Chapter III: The Astral Drain | Aristocrazia Webzine

PANZERFAUST – The Suns Of Perdition – Chapter III: The Astral Drain

Gruppo: Panzerfaust
Titolo: The Suns Of Perdition – Chapter III: The Astral Drain
Anno: 2022
Provenienza: Canada
Etichetta: Eisenwald Tonschmiede
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TRACKLIST

  1. Death-Drive Projections
  2. The Fear
  3. B22: The Hive And The Hole
  4. The Pain
  5. Bonfire Of The Insanities
  6. The Fury
  7. The Far Bank At The River Styx
  8. Enantiodromia
  9. Tabula Rasa
DURATA: 47:41

A due anni di distanza dal validissimo secondo atto di The Suns Of Perdition intitolato Render Unto Eden, i canadesi Panzerfaust sono ritornati sotto i riflettori lo scorso luglio con Chapter III: The Astral Drain, terzo capitolo di una tetralogia dedicata a una non meglio specificata analisi del Male costantemente in agguato in qualsiasi aspetto dell’Uomo.

Con il passare degli anni e degli album il sound dei Panzerfaust si è assestato su un black metal particolarmente pesante e cadenzato, basato su accordature ribassate, arpeggi dissonanti e una generale tendenza a rinchiudere l’ascoltatore in un claustrofobico pozzo privo di luce. La formula del doppio cantante in questo caso risulta estremamente efficace, con Goliath che fornisce il suo corposo — e corpulento — growl mentre Van Dijk interpreta un controcanto in scream che diversifica piacevolmente ogni canzone. La produzione, opera del compatriota Greg Dawson, mette in risalto il variegato e pregevole lavoro di Alexander Kartashov dietro le pelli, con il basso di Thomas Gervais che invece provvede principalmente al sottofondo del riffing. L’effetto risultante è un piacevole mix che non rovina la sporcizia che da sempre caratterizza il genere, ma lascia ascoltare perfettamente ogni singola parte.

L’album si snoda lungo cinque lunghi brani intervallati da intermezzi strumentali che lo rendono un’esperienza monolitica in luogo del normale andamento canzone-dopo-canzone, con una netta prevalenza delle parti in mid-tempo rispetto al tradizionale assalto black metal e una costante sensazione di crescendo verso un’apertura che però non arriva mai. Dopo aver descritto l’orrore alla base della guerra nel primo capitolo ed essersi immersi nelle profondità — malvagie — dell’ego, la percezione è che ora si ha a che fare con qualcosa di più universale, un limbo di oscurità senza confini nel quale tutto ciò che ci circonda viene percepito più che visto, e forse è una fortuna dato che — come ci ha insegnato il Solitario di Providence — certe cose devono restare ignote per il bene della nostra sanità mentale.

Gli occasionali lampi di particolare violenza sonora come il finale di “Bonfire Of The Insanities” e la old school “The Far Bank At The River Styx” (il momento più trascinante del disco), o l’elenco dei luoghi simbolo della crudeltà umana snocciolato freddamente in “Death-Drive Projections” sembrano quasi musicare quei brevi momenti in cui, alzando lo sguardo, intravediamo un bagliore, una scheggia di vita. Però non è il sole quello che vediamo, stiamo contemplando invece gli orrori attraversati nei due capitoli precedenti: siamo sepolti sotto una coltre di Male che non possiamo riattraversare, possiamo soltanto fluttuare in questo vuoto di contemplazione oppure… osare scendere ulteriormente, verso qualsiasi cosa ci attenda al vero Nadir del nostro animo.

Tirando le somme, siamo davanti a un’opera davvero di pregio, cesellata fin nei dettagli ma senza perdere la sensazione di marcio necessaria per il genere. The Astral Drain non rompe nessuno steccato né esplora sentieri propriamente nuovi, ma si snoda con sicurezza e non delude nemmeno per un secondo. Non nascondo che a questo punto sono veramente curioso di scoprire dove andrà a parare il possente quartetto dell’Ontario.