PETRICHORUS – Beyond The Ancient Bluffs
Gruppo: | Petrichorus |
Titolo: | Beyond The Ancient Bluffs |
Anno: | 2012 |
Ristampa: | 2013 |
Provenienza: | U.S.A. |
Etichetta: | Werewolf Productions / Achtung! Records |
Contatti: |
non disponibili |
TRACKLIST
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DURATA: | 61:12 |
Nel nostro sempiterno girovagare per il paludoso sottobosco estremo, non siamo nuovi a incontri ravvicinati con realtà che definire misconosciute è generoso, come il progetto dello statunitense Derek Hage, Petrichorus. Il «petricore», ho avuto modo di scoprire, è il profumo della pioggia sul terreno inaridito; combinato con un titolo come «Oltre gli antichi promontori» e l'immagine di copertina con l'immancabile promontorio, è presto detto come il Nostro sia ascrivibile alla nutrita schiera di blackster del Nord Ovest, tutto boschi, foreste e cascadian black metal. E invece Hage ci stupisce, arrivando nientemeno che dal soleggiato Arkansas e proponendo un ambient burzumiano misto a qualche riff di scuola americana perfezionabile, ma tutto sommato godibile.
"Beyond The Ancient Bluffs" è un lavoro corposo di oltre un'ora di musica, discreto, ma sicuramente per pochi. MIDI-ambient e chitarrona zanzarosa si alternano con risultati piacevoli, tuttavia è evidente che il pubblico possibilmente interessato a questa proposta non andrà molto oltre il numero di copie stampate. Il debutto del Nostro uscì originariamente su cd-r in cinquanta copie numerate a mano nel 2012, ma l'anno successivo la polacca Werewolf Productions e la olandese Achtung! Records hanno reso disponibile per il mercato del vecchio continente un'edizione su nastro in ben cinquecento esemplari, che è quella giunta fino a noi.
Pur sviscerando il lavoro di Hage, al di là dell'oscillazione tra i due generi di riferimento, non sono molte le informazioni che se ne possono trarre: Petrichorus è un progetto prevalentemente ambient, quindi prevalentemente strumentale, con alcune spruzzate di black metal a rimescolare le carte in tavola, quasi degli intermezzi tra un segmento di tastiera e sintetizzatore e l'altro. Il gusto è molto anni '90 e lo-fi, figlio delle librerie MIDI e delle produzioni ridotte all'osso, con tanto dei nostalgici fruscii di fondo così cari agli amanti dei nastri. Le rare incursioni vocali sono figlie di uno scream sofferente e assolutamente incomprensibile, mentre i temi attorno cui ruota l'immaginario di Petrichorus sono i classici rimandi al pantheon norreno e alla mitologia scandinava.
Un album per i cultori dell'underground.