PLAGUE ORGAN – Orphan
Gruppo: | Plague Organ |
Titolo: | Orphan |
Anno: | 2020 |
Provenienza: | Olanda |
Etichetta: | Sentient Ruin Laboratories |
Contatti: | ![]() ![]() |
TRACKLIST
|
|
DURATA: | 39:13 |
L’Olanda, negli ultimi anni, si sta ritagliando uno spazio molto interessante all’interno dell’affollata scena metal estrema underground internazionale. Merito certamente del circolo della Haeresis Noviomagi, da cui sono uscite band come Turia, Fluisteraars, Solar Temple e altre ancora. O anche del ben noto Roadburn Festival, manifestazione che si svolge proprio in Olanda e che spesso offre una vetrina anche a formazioni locali che hanno così l’occasione di farsi notare da un pubblico più vasto. In questo tipo di panorama si inseriscono anche i Plague Organ, combo formato da Marlon Wolterink e Rene Aquarius. Proprio quest’ultimo è impegnato come batterista in diverse band dalle derive parecchio avanguardiste: possiamo qui citare progetti come Cryptae, Celestial Bodies, Dead Neanderthals e Imperial Cult (questi ultimi legati al già citato circolo della Haeresis Noviomagi). Non deve stupire dunque che questo Orphan, prodotto dalla multiforme Sentient Ruin Laboratories, sia un assalto di metal estremo super sperimentale e difficilmente catalogabile.
Pur essendo un debutto, si capisce subito come i musicisti che si celano dietro i Plague Organ siano navigati e maturi. Va detto, tuttavia, che la proposta dei Nostri potrebbe lasciare perplessi molti metallari. In effetti, ho qualche remora a definirli una band metal, dal momento che l’unica traccia che compone il disco è così destrutturata da non avere dei veri riff al suo interno. Oltretutto, Orphan si caratterizza per l’assenza delle chitarre, una mancanza che in realtà è riempita da un approccio drone psichedelico che non fa rimpiangere quello che è considerato lo strumento metal per eccellenza. Faccio dunque molta fatica a inserirli sotto un’unica etichetta: è come se Aquarius e Wolterink suonassero un death metal completamente destrutturato che segue i dettami del free-jazz, con elementi drone, ambient e psichedelici. Non è neanche semplice trovare termini di paragone, anche se una delle band di Aquarius in particolare, i Dead Neanderthals, si muove secondo coordinate simili: Ghosts è un lavoro che fa capire bene le somiglianze tra queste due creature. Da citare anche i Chaos Echoes, soprattutto con Mouvement, e gli Oksennus di Kolme Toista: quest’ultimo album specialmente, come Orphan, dà molta rilevanza alla batteria e ha un approccio musicale dal gusto simile.
Quello degli olandesi è dunque un disco particolarmente difficile perché è monolitico e minimalista, oltre che frutto di libera improvvisazione. Non potrebbe essere altrimenti, visto che è formato da una sola traccia della durata di quaranta minuti. Orphan è trainato da una batteria costantemente in blast beat, sopra la quale si susseguono suoni di matrice drone-ambient, arricchiti dal basso e da saltuarie voci gutturali che a tratti si avvicinano al throat-singing mongolo. Una sfida interessante, in opere del genere, può risiedere nel trovare le piccole variazioni che si avvicendano lungo la durata di questo monotraccia. O, viceversa, nel riconoscere le parti che invece si ripetono, espediente che tra l’altro è ricorrente anche nel già citato Kolme Toista degli Oksennus. Ci troviamo insomma di fronte a un mantra deformato, a una spirale ipnotica che ci accompagna in un incubo che sembra senza fine. I Plague Organ rendono la loro proposta ossessiva, straniante, persino disturbante nelle sue aberranti ripetizioni. A completare il quadro infine c’è lo splendido artwork di Stefan Thanneur (bassista e artista visivo dei summenzionati Chaos Echoes), il quale infonde effettivamente un’idea che concilia morte e psichedelia.
Che altro dire di questo labirinto monodimensionale? Con Orphan, i Plague Organ danno una loro personalissima risposta su come portare l’avanguardia metal estrema verso nuovi lidi, prendendo spunto da più generi. Difficilmente piacerà a tutti, ma se non vi spaventa l’addentrarvi in territori oscuri e poco battuti, questo duo olandese saprà sicuramente prendervi per mano. A vostro rischio e pericolo, s’intende.