PORTAL – Portal
Chissà perché dall’Australia fuoriescono i più inquietanti e atroci gruppi del metal estremo? Sadistik Exekution, Rok, Bestial Warlust, The Berzerker e… Portal. Quello che vado a recensire è il vinile, uscito sull’inglese Dissident Records nel 2009, che contiene il demo del 1998 su tape di questa band giunta da un portale per una dimensione parallela di dolore e inquietudine. Portal contiene i semi di quello che sarà il sound dei successivi lavori dei Nostri: un muro di suono che sembra una finestra aperta su una dimensione lovecraftiana che preme per entrare nel nostro universo e distruggerlo.
Il duo composto da Illogium (chitarra) e The Curator (voce) ci propone tracce dove un growl catacombale si amalgama al suono caotico delle due chitarre e della drum-machine. La batteria è stata programmata per essere un uniforme tappeto di doppia cassa e blast beat, con pochissime variazioni nell’arco di tutto il lavoro. Questo fa sì che i pezzi, al primo ascolto, risultino quasi un’unica traccia del tutto omogenea. Questa scelta stilistica rende apparentemente il tutto più assimilabile al noise e al power electronics che al death metal, ma se ci soffermiamo attentamente su di esso ci si può rendere conto quanto questo non sia completamente corretto. La bellezza dei brani caotici dei Portal si apprende solo con l’ascolto: i giri delle chitarre, assai debitori del riffing di Trey Azagthoth dei Morbid Angel, non sono puro rumorismo, ma sono costruiti su pattern tecnici che si incastrano tra loro, creando una forte dissonanza (talvolta una delle due chitarre inizia un riff diverso, mentre l’altra non ha ancora concluso il precedente). Questo riffing, sommato al tappeto vocale e ritmico, crea un suono sognante e ipnotico, tuttavia contemporaneamente malsano e inquietante. Sembra di essere sotto l’effetto di qualche sorta di trip finito male oppure di ritrovarsi in uno di quegli incubi dai quali cerchi di svegliarti ma non riesci a farlo!
Questo demo può essere goduto in due modi: ascoltando attentamente i giri delle chitarre ed estrapolandone i pattern, oppure mettendo la testina sul vinile, fregandosene dell’aspetto tecnico e vivendo i brani come un unico canto di Dei Esterni che, completamente idioti, cercano di inglobare ogni forma vivente (ascoltatore compreso, naturalmente). Queste tracce, confrontate con quelle degli album successivi (Seepia e Outré) risultano ancora acerbe, soprattutto per quanto riguarda l’uso monotono della batteria e per l’assoluta mancanza del basso. I testi, non presenti nel vinile, sono fortemente incentrati sul mondo creato dallo scrittore H.P. Lovecraft, di cui questo gruppo ha ricreato magistralmente le atmosfere oppressive e aliene.
In definitiva, non certo un prodotto fondamentale, ma un vinile da avere per chi non teme di entrare nel mondo surreale dei Portal. Per chi invece si vuole accostare per la prima volta alla band, allora direi di andare direttamente su Seepia per perdere quel poco che rimane della vostra salute mentale!