POST-MORTEM – Monumental Pandemonium
Il problema di un nome come Post-Mortem risiede nel fatto di essere troppo comune. Tutte le volte che si desidera scavare nel passato della formazione, si corre il rischio che per una disattenzione o per l’altra si riportino notizie che riguardano una delle tante band omonime. Non me ne vogliano i Post-Mortem francesi (o meglio, uno dei due gruppi francesi che portano questo nome secondo Metal Archives, l’altro però è sprovvisto di trattino), specie tenendo in considerazione che hanno poche responsabilità in merito. Dopotutto non si tratta di una band nata ieri, essendo stata formata nel 1995, in un’epoca nella quale non era possibile avere accesso a tutte le informazioni che abbiamo ora.
Pur essendosi sciolti prima di pubblicare un album vero e proprio, i Post-Mortem hanno deciso di tornare in carreggiata prima col debutto ufficiale su lunga distanza God With Horns (2016) e poi a distanza di sei anni di fare il bis con Monumental Pandemonium. Già a un ascolto superficiale il disco si mostra come un’opera death metal vecchia scuola molto diretta, dove la formazione di rado lascia all’ascoltatore momenti di respiro. Esaminandolo con un po’ più di attenzione, si può sentire l’aria marcescente dei Carcass (l’accoppiata “The Pure Terror” e “Cryptic Revelations” è una testimonianza molto esplicita), la presenza di diversi arrangiamenti e inserti che rimandano al melodic death, vari passaggi più ritmati che potrebbero ricordare band come i primi Gorefest e Benediction, oltre che una innumerevole quantità di accelerazioni adornate dal tipico suono a motosega del death svedese. Va detto, i Post-Mortem non sono i primi a cimentarsi in accostamenti di questo tipo, ma tutto sommato, seppur la carne al fuoco sia tanta, appaiono a proprio agio per quasi tutta la scaletta.
Lungi dal voler rimanere ancorato a tutti i costi dall’inizio alla fine alla sua formula, Monumental Pandemonium mostra tuttavia qualche piccola sorpresa. Seppur sotto il segno dell’incertezza, si possono trovare inserti di tastiere memori di alcune trovate dei Septicflesh (come in “Mountain Of Skulls”), oppure tentativi di aprirsi a sonorità più accessibili. In questo senso, “Soul Inquisitor” colpisce come un fulmine a ciel sereno, inserendo elementi hard ’n’ heavy, tempi medi quasi ballabili e linee melodiche accattivanti che stemperano parzialmente l’assalto estremo. Ammetto di essere ambivalente nei confronti del risultato ottenuto, nonostante ciò non posso mettere in discussione che questo brano rimane uno degli episodi più interessanti della scaletta.
In conclusione, esistono due punti di vista per guardare al contenuto di Monumental Pandemonium: da una parte abbiamo il lato più preponderante, quello che è ancora appassionato di death metal, nonché l’aspetto più sviluppato della proposta, dove i francesi sembrano essere a proprio agio. Dall’altra parte c’è il desiderio di spostare i propri paletti, che si concretizza in tentativi che sono ancora allo stadio embrionale e che di conseguenza suggeriscono che si tratta di qualche forma di transizione. I Post-Mortem, comunque, sono una band che sa quello che sta facendo, sono dell’idea che meritino fiducia.