PSYCHOTROPIC TRANSCENDENTAL – ...Lun Yolina Un Yolina Thu Dar-davogh...
Ci troviamo a Bielsko-Biała, cittadina del sud-ovest polacco e sede dislocata della Fiat, che da qualche tempo ha trovato spazio anche sul nostro portale. Il motivo? Niente a che vedere con l’azienda torinese, ovviamente, più con il post-metal: i Moanaa, infatti, sono stati approvati pienamente dal nostro Bosj, mentre oggi abbiamo tra le mani un altro progetto del cantante Rafał Kwaśny (in arte K-vass), gli Psychotropic Transcendental.
Caratterizzati da una vena più ipnotica e psichedelica rispetto ai primi, “…Lun Yolina Un Yolina Thu Dar-davogh…” è il loro secondo album, composto da materiale risalente al triennio 2005-2008 e ripreso in mano solo la scorsa primavera. Purtroppo, pur non trattandosi di un brutto disco, la proposta non riesce a divenire accattivante e di impatto come quella dei Moanaa, per una serie di motivi — per quanto soggetti alla sensibilità del singolo ascoltatore — che ne minano la fruibilità in maniera considerevole, nonostante i generi delle due band non siano sovrapponibili al 100%. Il principale motivo è la prolissità del disco: 78 minuti di un genere che, quando declinato in questa maniera, risulta davvero difficile da affrontare dall’inizio alla fine senza controllare il minutaggio ossessivamente, con brani che spesso e volentieri superano i nove minuti e che anche negli altri casi sembrano essere più lunghi di quanto non siano realmente.
Se vi trovate in condizioni tali da poter ignorare questo importante scoglio, allora i lati positivi si mostreranno alle vostre orecchie: composizioni complesse e ricercate, a volte telluriche come nella breve “Iin Varandhaar Iin Badenath Mahad Karviin”, altre intarsiate con passaggi di chitarra che destano l’attenzione, ad esempio l’articolata “Lavor Ni Termaned”. Echi prog, con richiami a band come Tool e affini, sono disseminati un po’ ovunque su un canovaccio che predilige le atmosfere e che rispecchia appieno il nome del gruppo, con un andazzo lento e ipnotico (a volte un po’ troppo) in cui a fare la parte del leone sono la chitarra e la voce di K-vass, sia pulita che grattata a seconda delle necessità, che ricorda un po’ i già visti Perihelion. A proposito, se vi state chiedendo il significato dei testi e dei titoli, lasciate perdere: la lingua adoperata è il var-inath, idioma inventato dal batterista Gnat, che conferisce alla voce un carattere meramente strumentale, anche se a tratti riesce a essere più tediosa che affascinante.
Al termine della conclusiva “Hoxathilag”, dalle tinte new age, il bilancio finale di questo lavoro un po’ ostico risulta essere positivo, seppur con qualche riserva. Rispetto al debutto “Ax Libereld…”, siamo di fronte a una produzione decisamente migliore (frutto probabilmente dei diciassette anni intercorsi dall’uscita di quest’ultimo) con parecchi momenti degni di nota, ma i pochi lati negativi — almeno per il sottoscritto — sono troppo grandi per essere ignorati. La quantità di materiale si rivela essere un po’ eccessiva, aspetto che va a minare la qualità del lavoro in toto, che chiaramente non manca. Probabilmente riprendere materiale vecchio più di dieci anni, selezionarlo e renderlo idoneo per la pubblicazione non è facile: la sensazione è che si potesse fare a meno di qualcosa e tagliare un bel po’ sul minutaggio, magari avvicinandosi alla soglia (anche psicologica) dei sessanta minuti.
Non ci è dato sapere se sentiremo altro dagli Psychotropic Transcendental, visto che al momento figurano come sciolti, ma è anche vero che il silenzio è durato un bel po’ e la possibilità di vedere del nuovo materiale in futuro non è da escludere: da parte nostra, la speranza è che le evidenti qualità del gruppo possano rivelarsi meno diluite che in questo caso.