РУИНЫ ВЕЧНОСТИ – Шёпот забытых холмов
La Russia è indubbiamente patria di mille stereotipi, per molti di noi, partendo dalla vodka a colazione, pranzo e cena fino ad arrivare al suo Capo di Stato che ormai è il nuovo Chuck Norris del web, passando ovviamente per le babushka coi kalashnikov. Lontani da questi stereotipi (ma non meno prepotenti di questi), ritroviamo i Руины Вечности, formazione che conta ben sette musicisti e dedita idealmente alla produzione di un death-doom metal sinfonico.
I Nostri — che chiamerò così fino alla fine dei tempi, perché ripetere Руины Вечности è quasi semplice per me quanto capirci qualcosa di un pezzo degli Agoraphobic Nosebleed — hanno rilasciato il loro album di debutto Шёпот Забытых Холмов lo scorso ottobre tramite Grimm Productions e MurdHer Records, ma qualcosa a mio avviso è andato storto. Il problema, anche piuttosto serio, che ho riscontrato durante i vari ascolti consiste nel fatto che in teoria la band dovrebbe proporre un death-doom sinfonico, soluzione tutt’altro che noiosa e che virtualmente lascia spazio a mille possibilità, tuttavia di fatto finisce per risultare piatta e banale per la quasi totalità del disco.
Sono davvero pochi i momenti veramente ispirati, alle orecchie del sottoscritto, spesso rovinati, per di più, da inutili groove che avrebbero potuto starsene tranquillamente nel disco della prima band djent che passava di lì; in questo senso, “Кто будет Первым?!” e “Танк” ne sono un esempio più che lampante, con rallentamenti melodiosi, sviolinate, voci femminili e atmosfere cupe, ma tutta quella caciara di riff nel mezzo manda beatamente a puttane ogni speranza di successo. Se c’è una traccia che quasi completamente potrebbe salvarsi, questa è certamente “Эхо”, afflitta anch’essa, purtroppo, da questo tremendo morbo groove, anche se in maniera molto minore rispetto al resto della scaletta.
La commistione tra death e doom è sintomo di una forma mentis singolare, per chi vi scrive, ed è quindi un medium adatto a incanalare tutta una particolare serie di stati d’animo, a maggior ragione nel momento in cui si aggiunge nel calderone l’elemento sinfonico. I Nostri, invece, fanno scivolare in pentola anche una ricca dose di groove, che sta bene nel mix come una coscia di pollo nel piatto di un vegetariano. La completa assenza di traduzioni all’interno del libretto, poi, mi rende totalmente incapace di giudicare eventuali gioie ben nascoste all’interno dei testi.
Benché dal punto di vista fisico Шёпот Забытых Холмов sia tutt’altro che un pessimo prodotto (sul retro del disco sono serigrafate tutta una serie di scritte e immagini bellissime: che stile!), purtroppo la musica non si giudica solo dalla bellezza del suo contenitore. Руины Вечности, decidete cosa volete suonare e tenete a mente che fare troppo, nella stragrande maggioranza dei casi, significa inevitabilmente fare male.