PYTHIA – The Serpent’s Curse
Gruppo: | Pythia |
Titolo: | The Serpent's Curse |
Anno: | 2012 |
Provenienza: | Inghilterra |
Etichetta: | Golden Axe |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 49:40 |
Melodie ariose, voce incantevole e tendente in più di una circostanza all'abbracciare l'ambito lirico senza sprofondarvi, ritmiche che passano dalle più classiche delle sensazioni power a tratti lievemente gotici, non tanto per l'aspetto sonoro quanto per la componente emotiva. Direte voi: quale band stai descrivendo visto che a suonare così ce ne saranno almeno tre milioni? Già, il problema di questo tipo di scena è divenuta la saturazione alla quale è ormai da tempo sottoposta con la produzione di prove qualitativamente alquanto altalenanti, scena che vede fra i suoi tanti partecipanti anche gli inglesi Pythia.
La formazione, ovviamente female-fronted, vede nella figura della cantante Emily Alice Ovenden lo sbocco ultimo delle proprie realizzazioni. La figura è elegante, raffinata, vocalmente fra le migliori che mi sia capitato di ascoltare nell'ultimo periodo e ben lontana dallo scendere a patti con la dimensione pop che si è fatta largo di anno in anno. Una Sharon Den Adel in prima veste o una Tarja potrebbero essere i riferimenti ideali per inquadrarne uno stile che rivela di possedere anche una componente d'impatto notevole e stranamente in un paio di linee sparse per il disco di pattoniana memoria, è carismatico l'approccio che segna "My Perfect Enemy". Come avrete capito ciò che intorno gira non si distacca in maniera particolare da ciò che gruppi ormai rodati quali Nightwish, Within Temptation ed Epica hanno sfornato in passato anche se…
Il lato romantico e quello spavaldamente epico e sinfonicamente pomposo, vedasi "My Perfect Enemy" (perché nell'assolo mi è parso di ascoltare Michael Romeo?), si eguagliano sviluppandosi poi in maniera differente di traccia in traccia. È struggente l'approccio in "Kissing The Knife", vengono sfoderati gli artirgli in "Just A Lie", si cavalca con fierezza e si azzecca il ritornello giusto in "Dark Star", si raggiungono discrete vette ancestrali in "Cry Of Our Nation" e "Heartless". Diciamocela poi tutta: la proposta, per quanto si ponga con fierezza e sia in più di un'occasione decisamente più concitata rispetto a quella di molti colleghi, non disdegna attimi particolarmente zuccherosi, quelli che mi fanno un po' storcere il naso, come avviene in "Long Live The King", ma che non posso comunque negare suonino bene. In alcuni passaggi tirano inaspettatamente fuori un'assonanza con gli Angel Dust di "Of Human Bondage" (appello per i tedeschi: voglio un nuovo album ancora con Dirk Thurisch alla voce e fatemelo 'sto regalo) mentre in "The Circle" è apprezzabile la piacevole divagazione solistica.
Che si ami o si odi il genere, l'obbiettività la dovrebbe far da padrone e i Pythia musicalmente si espongono mostrando d'avere i mezzi per competere con nomi decisamente ben più blasonati. "The Serpent's Curse" è un rappresentante di classe di quello che è un palcoscenico gremito di primedonne e non tutte in possesso delle qualità per poterlo calcare. A voi adesso decidere se farlo entrare o meno fra i vostri ascolti quotidiani. Il mio "anche se" con i punti di sospensione usato in precedenza era una piccola sfida indirizzata a chi si scaglia contro certe band a priori, sicuramente saprà riconoscere le altre influenze volutamente non citate a parte quei due nomi che ho espressamente tirato in ballo e che esulano dal contesto female-fronted, coloro che non riscontrassero altro non potrebbero poi prendersela con Tuomas e soci usandoli come capro espiatorio per la loro mancanza, a buon intenditore poche parole.