RAVENWIEK – Barren Grounds
Immaginiamo la desolazione di un campo di battaglia deserto, magari corroso dal freddo, dal vento e dagli spiriti dei caduti. Ai pochi sopravvissuti alla furia del combattimento non resta che raccogliere i propri averi e iniziare una peregrinazione per luoghi sconosciuti e misteriosi. Questo viaggio mentale che il mio cervello ha plasmato durante l’ascolto di Barren Grounds forse non coincide con la lore narrativa che i Ravenwiek hanno pensato per il loro EP di debutto, però un disco che riesce a suscitare queste immagini merita senza dubbio una certa attenzione.
I Ravenwiek sono un duo olandese, la cui identità non è del tutto nota. Le informazioni disponibili su internet sono poche e difficili da reperire, il che alimenta ulteriormente l’alone di mistero che li circonda. Il loro sound unisce dungeon synth e un epic black piuttosto raw e aggressivo, aggiungendo anche alcuni elementi folk (in primis la cornamusa) e ambient. Questi ingredienti musicali vengono resi espliciti già dal primo brano “A Forlorn Battle”, che inizia con il suono solenne e malinconico della pioggia che cade e viene arricchito man mano dalla presenza della cornamusa e di alcune feroci grida di battaglia, in un climax strumentale sempre più solenne ed evocativo.
La volontà di richiamare epiche gesta di quello che sembra un passato sbiadito e cancellato dal dolore provocato dalle battaglie è una sensazione che mi ha accompagnata durante l’intero ascolto, in particolare quando i Ravenwiek scelgono di concentrarsi maggiormente su un tripudio sonoro dato dall’unione tra synth e chitarre corpose: questo avviene all’interno di “Under The Mourning Mountain”, forse il brano più black dell’intero EP, ma anche in “Berserk”, dove il ritmo e la chitarra diventano più lenti e cadenzati, quasi doom.
Non di sola epicità, però, si nutre l’anima di Barren Grounds: i Ravenwiek danno buona prova di sé anche quando lasciano spazio alle suggestioni ambient-drone, creando momenti più rarefatti e contemplativi (“The Crossing Of The Realms In Sorrow”), oppure quando sperimentano melodie che sembrano pescate dagli organetti da circo, calate all’interno di “The Enchanted Forest Of Khrabanas”, dove khrabanas è — fra l’altro — un termine proto-germanico che significa proprio corvo.
Per essere un album di debutto, Barren Grounds risulta quindi assai gustoso, nonostante possieda delle piccole imprecisioni che possono essere limate con il tempo: alcuni passaggi potrebbero essere legati in maniera più fluida e la produzione non è esattamente delle più nitide. A parte questi nei infinitesimali e giustificabili se si tiene conto del fatto che siamo di fronte a un’opera di debutto, i Ravenwiek si presentano con un biglietto da visita più che dignitoso e che fa ben sperare per gli sviluppi futuri di questo duo.