RISE ABOVE DEAD – Ulro
La musica è un mezzo di comunicazione e come tale ha la funzione di trasmettere sensazioni, senza che altri accorgimenti siano necessari. Per quanto ciò che si vuole esprimere con le note possa risultare aleatorio e soggetto all’interpretazione del destinatario, cioè gli ascoltatori, è indubbio che chi si è preso la briga di comporla lo ha fatto con una certa intenzionalità. Questo preambolo mi serve per giustificare un aspetto di Ulro che in una fase iniziale mi aveva provocato qualche perplessità: il terzo lavoro in studio dei Rise Above Dead è un concept album interamente strumentale; dal primo all’ultimo minuto non troverete nessuna voce che tratterà i fatti narrati. Ulro è dedicato alla mitologia del poeta William Blake e prende il nome da un regno oscuro, senza valori o etica, dove il dolore e l’ansia sono diffusi. Nel regno di Ulro vige la legge del più forte, una metafora del mondo in cui viviamo, secondo quanto scritto all’interno del digipak.
Che la band milanese non avesse un cantante non è certo una novità: i precedenti Stellar Filth (2012) e Heavy Gravity (2015) erano anch’essi album interamente strumentali, che tra l’altro ho avuto modo di ascoltare in passato rimanendo in entrambi i casi molto soddisfatto. C’è continuità stilistica quindi tra questi tre lavori, dove si ritrova lo stesso equilibrio tra post-hardcore, post-rock e post-metal, lo stesso focus sulle atmosfere ad ampio respiro in cui è possibile perdersi, dimenticandosi gran parte delle asperità che di solito sono parte integrante di questo suono.
Il fatto che ci siano punti di contatto tra il presente e il passato dei Rise Above Dead non significa che il quartetto milanese si sia limitato a riproporci la stessa identica formula. Le novità, al contrario, risultano consistenti: Ulro presenta maggiore varietà nelle melodie e nelle atmosfere, che coincidono con un relativo ammorbidimento del suono. Affrancata in parte dall’influenza dei Pelican e degli Isis, che esercitavano un certo peso in precedenza, la musica dei Rise Above Dead ha portato a compimento il proprio processo di maturazione, riuscendo quindi a diventare molto più personale e in continuo movimento, tra momenti più bui e altri epici, immersi in ambientazioni oniriche dai toni psichedelici. Al contempo è evidente che la band non perde mai il filo di quello che sta dicendo e ciò sprona l’ascoltatore a ripetere l’esperienza quante più volte possibile.
Ulro è un album che ha qualcosa da dire e il suo discorso non avviene tramite le parole ma con l’incastrarsi di melodie. Il disco stupisce per la fluidità con cui si muove tra una molteplicità di situazioni differenti, talvolta addirittura opposte, che si sviluppano in modo difficilmente prevedibile. Io trovo il passo avanti dei Rise Above Dead significativo, e mi auguro che la band riesca a ritagliarsi la sua nicchia in un panorama così ampio e sfaccettato come quello che comincia con il prefisso post-.