RISE TWAIN – Rise Twain
I Rise Twain sono una band appena nata, ma hanno una storia alle spalle lunga quasi quindici anni. Il musicista e autore Jeremy “J.D.” Beck è una figura piuttosto schiva da individuare: registra assieme all’amico William Fields a nome Beck-Fields improvvisazioni elettroniche e minimali, e ha un progetto musicale personale, The Scenic Route, su cui è difficilissimo reperire informazioni. Sembra però che proprio a causa di quest’ultimo nel 2007 abbia conosciuto il più noto Brett William Kull: il corpulento e riccioluto musicista della Pennsylvania ha un pedigree piuttosto lungo, che spazia dalla produzione al sound engineering, passando per l’attività compositiva e l’insegnamento. Dopo anni di amicizia e collaborazioni irregolari, nel 2018 i due hanno deciso di fare qualcosa di un po’ più strutturato: il risultato sono i Rise Twain e il loro album omonimo, uscito lo scorso autunno.
Rise Twain è un compendio di canzoni che stupiscono per la loro semplicità e naturalezza, un’istantanea perfetta del processo di creazione e registrazione alle spalle dell’album: i due musicisti si sono divertiti, la band non è altro che il prodotto del lavoro di due amici che volevano fare qualcosa insieme, senza alcuna pressione e senza nessuno stress alle spalle. Rise Twain è indie rock leggero e melodico, è un album morbido e soffuso, che francamente mi sorprende trovare sull’etichetta di Devin Townsend, Leprous e di alcuni grandi vecchi del prog tricolore come Banco e PFM. Beck e Kull non hanno nulla di sperimentale né progressivo, ma lavorano per sottrazione, il primo con voce e tastiere, il secondo con chitarre, percussioni e qualche linea vocale, ed è tutto qui. C’è qualche amico che compare qua e là alla batteria e alle seconde voci, ma la struttura portante si basa su voce, piano e chitarra, su umori pacati e ritmi blandi.
Da una parte è vero che questo tipo di proposta, così semplice, a tratti quasi elementare, difficilmente oggi riesce a bucare in profondità, dall’altro l’esperienza e la classe dei due americani dà a queste dieci canzoni una personalità e una raffinatezza autoriale. Il dettaglio, quella nota messa proprio lì, quell’assolo che rimane in secondo piano e che rischi di non notare, il gusto per la melodia che esce da canzoni così asciutte rendono Rise Twain un album adatto a chi sta cercando un accompagnamento, un momento intimo con amici a chiacchierare della vita (“Oh This Life”) e delle sue incertezze (“Falling Skies”).
Una deviazione inaspettata da parte di InsideOut Music, i Rise Twain si propongono senza nessuna ambizione, solo con la voglia di passare un po’ di tempo in buona compagnia.