ROTTEN CROWS – The Other Part Of The Sky
Giovanissima band proveniente da Roma, i Rotten Crows si presentano praticamente da perfetti sconosciuti al grande pubblico. The Other Part Of The Sky rappresenta la prima, vera fatica su lunga distanza, anche se non si tratta della loro prima uscita in assoluto; l’EP Unburied Voltures risale al 2019. Sui Corvi Putrefatti in sé non ci sono molte informazioni, se non che il loro bassista Ruben Palma suona anche nei Kleptocrazia, che pure vedrete presto sulle pagine di Aristocrazia.
Devo dire che la copertina di The Other Part Of The Sky potrebbe trarre un po’ in inganno: epica e suggestiva, forte del suo blu acceso, potrebbe ricordare l’ambientazione di quei dischi melodic black metal svedesi degli anni ’90, dai Dissection ai Sacramentum. In realtà, i Rotten Crows scelgono (in parte) una direzione differente, rifacendosi sì ai capisaldi del genere di venticinque, trenta anni fa, ma prendono spunto anche da sonorità più recenti, ottenendo un sound tutto sommato fresco e interessante. Una parte sicuramente di rilievo viene ricoperta dalla prestazione vocale di Ravenecrolust, molto teatrale e di un certo impatto scenico, mentre un altro aspetto che attira l’attenzione dell’ascoltatore è l’utilizzo del basso, sempre ben presente e perfettamente udibile. In aggiunta a ciò, il songwriting dei Nostri parte da una base piuttosto solida, con un riffing ben studiato e in grado di districarsi tra soluzioni melodiche e momenti più brainless, per così dire. Il dinamismo dei brani, tra l’altro, permette di assorbirli senza problemi, rendendo The Other Part Of The Sky complessivamente molto scorrevole. Tra i pezzi più riusciti, sicuramente figurano l’apertura “Overtuned” e l’ottima title track che chiude l’album, dal sapore quasi cinematografico.
Mentre i brani dei Rotten Crows si susseguono incessanti, diamo un’occhiata anche al concept dietro l’opera. Stando alla descrizione offerta dalla band, The Other Part Of The Sky narra delle angosce e dei disturbi di un uomo che cerca di uscire dalla sua coltre di problemi, la cui mente malata lo porterà «ad assassinare le persone a lui più care con la convinzione di uccidere le paranoie che lo tormentano giorno dopo giorno». Il tentativo di riunire i brani concettualmente è apprezzabile, anche se forse nel complesso la tematica pecca un po’ di originalità; tesi peraltro supportata dai titoli, che appaiono un po’ banali e poco convincenti. Nutro anche qualche piccolo dubbio nei confronti delle scelte compiute in sede di produzione: non che questa sia malvagia, tutt’altro, ma probabilmente dei suoni ancora più freddi avrebbero reso l’intero disco più cattivo e consono rispetto a quello che poteva richiedere il concept. Quest’ultimo però è più un parere personale che un riscontro oggettivo.
Quelli sopra descritti non sono però che piccoli nei all’interno di una prova d’esordio più che soddisfacente per la band romana. I Rotten Crows si presentano dunque con un lavoro che ha già molto da dire in sede strettamente musicale. Più avanti, anche grazie all’esperienza acquisita, saranno sicuramente in grado di affinare le loro competenze e sfornare qualcosa di ancora più coerente. Per ora, non resta che goderci questa buona prova.