RUSSIAN CIRCLES – Gnosis
Gruppo: | Russian Circles |
Titolo: | Gnosis |
Anno: | 2022 |
Provenienza: | U.S.A. |
Etichetta: | Sargent House |
Contatti: | ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
TRACKLIST
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DURATA: | 39:37 |
Nell’ambiente post-metal e non solo, i Russian Circles non hanno bisogno di presentazioni. Dopo quasi vent’anni di attività e otto album, la band di Chicago riesce a creare sempre grandissima trepidazione quando annuncia un nuovo lavoro. Nondimeno è stato per l’arrivo di Gnosis, sempre edito per Sargent House, che va ad aggiungere un nuovo astro alla complessa e meravigliosa costellazione che è la sua discografia.
Prima di analizzare l’opera nello specifico, va detto che un tratto caratteristico della band da sempre è la grande capacità di infondere a ogni disco una propria identità individuale, connessa eppure indipendente rispetto alle precedenti uscite. Infatti, la curiosità sperimentale del trio Sullivan, Cook e Turncrantz ha sempre dato l’impressione di essere un autentico riflesso della crescita personale degli artisti e della loro capacità interpretativa, slegata dalle letture dell’attualità o delle mode. Su questo punto, forse Gnosis fa eccezione. Chiunque abbia seguito i Russian Circles almeno negli ultimi anni avrà sicuramente notato un aggravamento generale del loro sound e delle atmosfere, manifestato chiaramente in Blood Year del 2019. Una svolta oscura che però, per via dell’enorme quantità di produzioni artistiche relative alla crisi dovuta alla pandemia globale, è risultata forse più scontata di quanto non sarebbe stato in circostanze, diciamo, normali.
La pesantezza di “Tupilak”, la traccia d’apertura, ci dà immediata conferma che il periodo nero del nostro amato trio sta continuando, seppur non ci sia dato conoscerne per certo la causa, se la pandemia o altro. In ogni modo, il brano è profondo, ritmato, grave e meravigliosamente intenso. Un turbinio di emozioni e stati d’animo intrecciati sono espressi attraverso una composizione articolata ed efficace. “Tupilak” è come un cupo film d’autore: denso di riferimenti e assolutamente non semplice da assaporare, tuttavia molto, molto soddisfacente.
Viene poi il turno di “Conduit”, primo singolo estratto dall’album e portato a sorpresa nel tour appena affrontato. La traccia è ancora permeata dall’energia rabbiosa che ci ha accompagnato per tutto il precedente disco e che qui trova una nuova vita, virando addirittura verso sonorità quasi thrash. Come un vero condotto che siamo costretti ad attraversare, arriviamo così alla title track.
Termine tratto dal greco, il concetto di “Gnosis” sarebbe interpretabile come un’illuminazione spirituale ottenuta attraverso un cammino misterico. La traccia sembra prestarsi perfettamente alla descrizione, poiché strutturata come un variegato percorso composto da sonorità anche molto diverse tra loro. La complessità, già caratteristica chiave dello stile del trio, torna protagonista in questo lungo e imprevedibile pezzo. I toni sono ancora tinti di scuro e profondi, tuttavia è possibile scorgere qualche nota di luce più colorata e vivida, tradotta in musica attraverso l’uso di sottofondi melodici davvero particolari.
Lasciamo quindi i temi più meditativi e sofisticati e scendiamo di nuovo in buie profondità di tutt’altra natura. “Vlastimil” e “Betrayal” sono probabilmente i pezzi più black che i Russian Circles abbiano mai composto e riprendono inoltre alcune delle sonorità gravi sperimentate in Blood Year, forse nel tentativo di terminare una narrazione precedentemente interrotta. Intensi e potenti, ci schiaffeggiano ancora con soluzioni cupe e gravi, a cui ora potremmo essere abituati, ma la sensazione è che qualcosa sia cambiato. Nuovi riff più orecchiabili e nuovi temi si fanno strada attraverso le distorsioni sonore, come una nuova consapevolezza che affiora dal rumore generale.
Nel mezzo delle tracce sopra citate, infatti, troviamo un inaspettato intermezzo melodico che spezza le tenebre. “Ò Braonáin” è un mistero che allieta l’animo e ci prepara alla chiusura. Superato quindi l’ultimo ostacolo di “Betrayal”, arriva la traccia conclusiva, cioè il finale a sorpresa di questo lungo e travagliato percorso. Melodica, ispirata e leggera, “Bloom” sembra voler far pace col passato, stendendo una mano a tutto ciò che i Russian Circles sono stati e che sono diventati. Un piglio più tranquillo, più rock, ci ricorda che nonostante le vicissitudini la band non ha perso la propria identità. Lasciata appositamente per ultima, sembra essere un lieto fine, o forse un addio.
Gnosis è quindi un album davvero speciale. Attraverso un sound sempre riconoscibile e caratteristico, pieno di sfumature, attraverso una ricerca costante e consapevole e senza paura del cambiamento, i Russian Circles ci regalano un altro frammento della loro prospettiva sul post– e sul metal in generale. Starà a noi decidere come viverlo.