SEBASTIEN – Tears Of White Roses | Aristocrazia Webzine

SEBASTIEN – Tears Of White Roses

 
Gruppo: Sebastien
Titolo: Tears Of White Roses
Anno: 2010
Provenienza: Repubblica Ceca
Etichetta: Escape Music
Contatti:

Sito web  Facebook  Twitter  Youtube  Reverbnation

 
TRACKLIST

  1. Museé Du Satan Rouge
  2. Femme Fatale
  3. Dorian
  4. Remiel In Flames
  5. Tears Of White Roses
  6. Phoenix Rising
  7. Voices In Your Heart
  8. Fields Of Chlum (1866 A.D.)
  9. Lake Of Dreams
  10. Silver Water
  11. Black Rose – Part I
  12. Black Rose – Part II
DURATA: 47:00
 

Quando un personaggio come Roland Grapow si muove per dare il proprio totale e incondizionato appoggio a una realtà nascente ci sarà pure un motivo? Me lo sono chiesto in effetti, poiché il nome dei Sebastien non mi diceva davvero nulla ed è strano che una formazione alla prima uscita abbia tutto questo supporto. Ascoltato "Tears Of White Roses", i dubbi hanno iniziato a scomparire e la musica mi ha riportato alla mente la vena e il piglio della creatura Masterplan, risultando melodica, raffinata e accattivante.

Nei quarantasette minuti del disco non ci sono momenti definibili come vuoti, grazie anche alle plusvalenze messe in campo dai vari ospiti che come davvero poche volte accade fanno la differenza in positivo. La scaletta parte bene con "Museé Du Satan Rouge", in cui spicca l'assolo di chitarra di Tore Moren (Arcturus e Jørn), seguita da "Femme Fatale" dove la bella voce del cantante George Rain duetta e lascia spazio solistico a quella suadente di Amanda Sommerville. Se il buongiorno si vede dal mattino, ci sarà un bel sole luccicante ad accompagnarli. Il terzo pezzo, "Dorian", conduce al nostro orecchio una voce nostrana, è infatti davvero impossibile non riconoscere Fabio Lione che duetta con Roland Grapow, mentre mi prendo una pausa con "Remiel In Flames", dotata di un gran bel riffing, di un coro di quelli che non si dimenticano facilmente e nella quale c'è qualcosa dei Nightwish.

Fin qui si è notato come la passione, le voglie strumentali e l'impegno corale siano coesi e indicanti un'unica direzione, la speranza è che ciò rimanga tale anche nel prosieguo del percorso. Poi si fa strada "Tears Of White Roses", dove è Mike Di Meo (ex Masterplan e Riot) a donare le linee vocali: il pezzo è vario e i cambi di tempo accoppiati all'ottima prova del cantante ne fanno uno degli highlight del lavoro. Dopo una "Phoenix Rising" che lascia un pizzico d'amaro in bocca (in cui Grapow mette ancora l'ugola), ascia e voce che hanno dato vita a "MK II" si trovano insieme in "Voices Of Your Heart", l'asse ritmico alza nettamente i giri del motore e la cassa pompa a spron battuto: ci voleva proprio una prova di forza.

Purtroppo per quanto buona "Fields Of Chlum (1866 A.D.)" non riesce a colpirmi e credo sia dovuto alla mia poca propensione al godimento con roba che assomiglia anche lontanamente ai nostri connazionali Vision Divine: mi annoiano, è quindi un limite di chi scrive, ma probabilmente ai più risulterà piacevole. Per mia fortuna le conclusive "Silver Water" e  le due parti di "Black Rose I-II" rialzano la testa, facendo esibire nella prima Apollo Papathanasio (Spiritual Beggars e Firewind) e nella seconda — una ballata intrisa da una delicata vena malinconica — Doogie White (ex Malmsteen), accompagnato dalla chitarra acustica e nuovamente con l'intrigante Amanda Sommerville.

I Sebastien sono fautori di una sorta di metal opera che si differenzia dallo stile di Sammet e da quello di Heleno Vale per la gestione del materiale umano e per una concretezza strumentale superiore, soprattutto dal punto di vista degli arrangiamenti orchestrali. George riesce a trovare il giusto feeling con ogni compagno/a con cui condivide l'esperienza dietro il microfono, mentre i testi del poeta ceco Jan Petri sono l'ennesima addizione nella casella dei valori positivi e la produzione fa sentire il suo apporto in quanto a pulizia e spinta.

"Tears Of White Roses" è un lavoro da possedere in originale, non è ancora tutto perfetto ma poco ci manca e posso dire di avere compreso il perché della spinta del signor Grapow: la scelta è stata azzeccata, la band merita e l'acquisto vi è caldamente consigliato.