SEPTYCAL GORGE – Scourge Of The Formless Breed | Aristocrazia Webzine

SEPTYCAL GORGE – Scourge Of The Formless Breed

 
Gruppo: Septycal Gorge
Titolo: Scourge Of The Formless Breed
Anno: 2014
Provenienza: Italia
Etichetta: Comatose Music
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TRACKLIST

  1. Living Torment Of The Sleeping God
  2. Urizen – The Burning Sun
  3. Slaughter Conceived
  4. No Spawn No Reign (Sons Of Enoch Pt.1)
  5. Breed Of The Rejected (Sons Of Enoch Pt.2)
  6. Anabasis/Paralysis
  7. Deeds Of Eter
  8. Coil Of Nothingness
  9. Awakening Of The Seven Serpents
DURATA: 32:27
 

Il panorama death metal italiano non è inferiore a quello di nessun'altra nazione. Lo so, la mia affermazione potrà sembrarvi esageratamente campanilistica e probabilmente forzata, ma quando nel 2014 hai ascoltato una serie di buonissimi lavori rilasciati da formazioni nostrane e una validissima etichetta americana come la Comatose Music — che nel recente passato ha garantito il proprio supporto ai rientranti Antropofagus di "Architecture Of Lust" — presta il suo sostegno a compagini come i debuttanti Devangelic di "Resurrection Denied" e ai micidiali Septycal Gorge, puoi forse non pensare positivo? In questo frangente parlerò del gruppo guidato da Mariano Somà, che in passato aveva destato l'interesse di Aristocrazia tramite la recensione di "Erase The Insignificant" curata da Advent, ex collaboratore che aveva avuto modo pure di intervistarli.

La band ha fatto le cose con la dovuta calma. Il lasso di tempo intercorso fra la pubblicazione del secondo disco appena citato e questa terza prova nuova di pacca intitolata "Scourge Of The Formless Breed" non ha minimamente intaccato il livello di qualità e brutalità al quale questi ragazzi ci avevano abituati, tant'è che l'orecchio viene investito dalla prestazione più matura, completa e strabordante — sia per suoni che carattere — sin qui rilasciata.

Solitamente il problema che affligge gli album in cui dovrebbe essere la furia belluina a farla da padrone sta nella mancanza di personalità propria, che li riduce spesso a riproposizioni di quanto già ascoltato negli anni addietro. Se per i Devangelic tale forma d'ortodossia era comunque un'arma vincente da sfoderare con assidua prestanza, per i Septycal Gorge diviene invece il tassello di base sul quale permettere alle individualità di affiorare, mostrando così come l'assetto ritmico, composto per l'occasione dietro le pelli da Davide "BrutalDave" Billia e al basso da Jacopo Rossi, sia a dir poco devastante nei momenti più veloci, dinamici ed efferati ("Urizen – The Burning Sun" e "Coil Of Nothingness") quanto perfettamente in grado di appesantire e rendere viscoso il proprio operato in quelli più lenti e malati ("Deeds Of Eternity"). Allo stesso modo risalta lo splendido operato delle due asce, Diego Riccobene e Marco Losano, chitarristi abili nel forgiare riff da capogiro e pesanti come macigni, scansando l'utilizzo di soluzioni inutilmente cervellotiche, concentrandosi perlopiù sull'imbastire trame da scapocciamento folle, sulle quali avrebbero forse potuto ritagliarsi qualche libertà in più in fase solistica, dato che tralasciando "Breed Of The Rejected (Sons Of Enoch Pt. 2)" non vi è quasi traccia di assoli veri e propri. Il quadro si completa poi con la prova vocale bestiale, marcia e catacombale di un Somà decisamente in ottimo stato di forma.

I Septycal Gorge hanno modellato un'opera violenta quanto intelligente, che si adatta perfettamente al momento storico in corso. Ciò è dovuto soprattutto alla scelta degli argomenti affrontati nei testi fatta dal Somà che — evitando carneficine, spargimenti di sangue tout court, mutilazioni e torture — ha preferito indirizzare nuovamente lo sguardo su un'esposizione lirica ragionata e pronta a scagliarsi contro il divino quanto il sociale. Come noterete guardando il retro del cd, la scaletta è suddivisa in tronconi composti da tre brani nominati "Chapter I: Protogenesis", "Chapter II: Rebellion" e "Chapter III: Obliteration": il concept sul quale è imperniato il disco si basa sull'idea di cosmogonia, cioè di creazione dell'universo, traendo la propria ispirazione anche da una serie di fonti letterarie riconducibili ad artisti come T.S. Eliot, Giacomo Leopardi, Omero e William Blake.

Esistono due versioni di "Scourge Of The Formless Breed": quella autoprodotta dal gruppo e quella rilasciata per il mercato americano dalla Comatose, che sto ascoltando anche mentre scrivo. Sostanzialmente l'unica vera differenza fra loro dovrebbe essere rappresentata dal colore diverso del logo, particolare che non va a intaccare la stupenda copertina creata da Yigit Köroglu.

In conclusione, i Nostri sono da spalleggiare senza pensarci due volte, poiché sono la dimostrazione che passione e professionalità possono viaggiare su un unico binario e che quando ciò accade i risultati ottenuti sono da tenere assolutamente in considerazione. Del resto questo album è senza dubbio catalogabile tra i migliori parti del 2014 e — a titolo personale — rimarrà uno fra i migliori rilasci della scena tricolore in genere. C'è da andarne fieri e ovviamente acquisirne una copia originale. Complimenti ragazzi!