SERTRALINE – The Streetlight Was All We Needed
«Time is a burden to the future we seek
All motives are lost in decisions we make
The past is a widow and she lets us pretend
Fate is a consolation when we know it’s the end
I’m so sorry»
(“Prague”)
Con un nome come il loro, era impossibile che i Sertraline non finissero nel mio personalissimo radar. Il progetto statunitense, nuova pelle dei veterani del death-doom gotico a stelle e strisce Where She Wept, taglia un traguardo importante: non quello del primo album, ma della prima raccolta. The Streetlight Was All We Needed — altro nome che la dice piuttosto lunga — è il terzo lavoro a uscire sotto l’ala protettrice di Hypnotic Dirge e rappresenta un traguardo importante perché riassume in un unico disco tutte le precedenti produzioni della band, dando la possibilità di farsi riscoprire in toto con un unico ascolto. E noi siamo qui per questo.
Trentacinque anni dopo aver dato il via alla loro precedente creatura, i coniugi Shelley e Tom Muehlbauer continuano a sguazzare per i meandri più delicatamente oscuri del metal estremo. A differenza dell’esperienza coi Where She Wept, Sertraline si muove però su binari parzialmente diversi, preferendo mantenersi su traiettorie più vicine al mondo del post-black; genere più che sdoganato e inflazionato, ma per fortuna il sestetto ci si approccia con un certo bagaglio di esperienza sulle spalle, tanto che non ci troviamo davanti alla classica soluzione esclusivamente Deafheaven-based che ci si potrebbe aspettare, vista la provenienza. Quanto fatto nel Vecchio Continente da Neige e derivati ha i suoi echi nella compilation, tuttavia l’impronta è personale e ciò salva fin dal primo momento la band dal rischio di essere l’ennesima copia carbone di troppe altre realtà. Il fascino doomico della precedente avventura musicale persiste e quasi infesta le trame dei Sertraline, donandovi un’aura sepolcrale ammaliante.
Come detto, la scaletta di The Streetlight Was All We Needed si compone di tutte le tracce presenti nelle precedenti pubblicazioni del sestetto: le due strumentali “(Bloom)” e “(Haze)” fanno da introduzione e breve interludio ad “Azalea” e “Shade”, estratte dall’EP del 2017, e danno il via alle danze. “Hounds Of Avarice” segna piuttosto nettamente il passaggio ai brani di From Both Our Hands (2019), con il suo incedere ritmato e le lead distorte in tremolo iper-riverberate. Le aperture atmosferiche sono più dense e più ragionate, mentre lo scream cavernoso e ruvido di Tom Muehlbauer vi si innesta con la giusta dose di rinnovata disperazione, trovando la sua massima realizzazione nella sezione conclusiva del brano. A “The Knowledge Of Trees” ed “Entwined”, che seguono la stessa formula pur ricombinando gli elementi coinvolti, spetta il comito di dar corpo al centro della scaletta e di favorire il passaggio ai pezzi del terzo EP dei Sertraline, These Mills Are Oceans. “Eyes As Tableau” ci introduce con un riffing super stratificato alla terza e ultima sezione della compilation che pare spingersi talvolta su lidi molto più post-rock che nettamente estremi, tra “Their Cities” che più di una volta, preso dagli ascolti, nei suoi primissimi secondi mi ha dato la sensazione di essere una sorta di “Teargas” katatonica sotto copertura e “Prague”; momenti di puro idillio interrotti dall’intrusione salvifica delle distorsioni, che ci riportano coi piedi per (se non anche sotto) terra. La sensazione di distacco tra le componenti della scaletta è minima: seppur figle di pubblicazioni sparse lungo un arco temporale di quasi cinque anni, le uniche differenze che si notano mettono in evidenza i passi in avanti fatti dal gruppo. Strumentalmente, gli arrangiamenti e le composizioni sono più ricche e stratificate, pur conservando l’immediatezza e la concretezza originarie, mentre il cantato è sempre ancorato a quel background gothic death-doom che tanto ci piace.
Insomma, a conti fatti The Streetlight Was All We Needed è stato un’ottima scusa per approcciarsi ai Sertraline, band di cui non sapevo nulla fino a poche settimane fa e dalla cui musica, ora, continuo a farmi cullare. Hypnotic Dirge ha fatto un bel centro pubblicando questa raccolta, idem il sestetto capitanato dai coniugi Muehlbauer nell’evolversi su queste coordinate. Ora non possiamo che incrociare le dita e sperare di ritrovarli presto con un album: potremmo vederne delle belle.