SEVENTH GENOCIDE – Toward Akina
Un paio di anni fa l’esordio dei romani Seventh Genocide (Breeze Of Memories) fu una delle note più liete della mia annata musicale, in particolare per quanto riguardava i gruppi italiani emergenti. Sul finire del 2017 mi sono ritrovato tra le mani la loro attesa prova di maturità artistica, quel Toward Akina pubblicato in digipak dai signori di WOOAAARGH e Third I Rex.
Prima di parlare del disco vero e proprio, è giusto menzionare le due new entry della formazione, i chitarristi Stefano Allegretti e Jacopo Gianmaria Pepe, già colleghi del tuttofare Rodolfo Ciuffo nel progetto Angew. L’opera grafica dai toni astrali e soprannaturali di Adrian Dexter (già visto al lavoro sulle copertine della band stoner-doom Elder) ci introduce in un mondo molto più complesso ed esteso di quello che Ciuffo aveva tratteggiato due anni fa, a partire proprio dalle dimensioni.
Toward Akina è un album che raggiunge quasi l’ora e incorpora gli elementi più vari sia per quanto riguarda la musica che l’iconografia: le oniriche aperture alcestiane sentite in Breeze Of Memories incontrano qui una visione universale e a modo suo immensa. Da qualche parte si è parlato di incontro con il progressive rock settantiano e in effetti, dopo le legnate all’inizio di “Astral Bliss”, inizia a sembrarci un’ipotesi tutt’altro che peregrina (un ottimo esempio in “Life Is Poison”).
I Seventh Genocide aprono il lavoro con la caduta del genere umano, portandoci a una serie di riflessioni «sulla vita, l’universo e tutto quanto», in un viaggio introspettivo verso “Akina”. Forse proprio il titolo è un punto un po’ debole, dato che non è chiarissimo di cosa si tratti e non è una parola con un significato preciso di per sé (è principalmente un nome di persona che ha genericamente a che fare con il verde, la luce e altre cose). Forse è piaciuto il suono della parola e l’aura quasi mistica che riesce a trasmettere insieme al sound e alla parte grafica.
Ottima l’accoppiata composta da “Immense As The Universe” e “Immense As The Ocean”, in cui la voce narrante raccoglie il testimone dal bellissimo discorso di Stephen Hawking posto in apertura per poi confrontarsi in prima persona con l’infinità dell’universo. I toni agallochiani spuntano a più riprese con versi come «As a grain in the great cosmos my essence seems lost in this celestial darkness», ma soprattutto sul versante musicale nell’interazione tra voce (sussurrata o urlata) e chitarre. Il disco si chiude con la strumentale “Last Fall Before The Impact” (citazione dell’Apocalisse di Neon Genesis Evangelion), lasciando poi idealmente presagire un nuovo inizio dalla prima traccia in un infinito cerchio che si ripete.
L’ultima fatica dei Seventh Genocide merita tutta l’attenzione che ha ricevuto negli ultimi mesi e che continuerà a ricevere, se non di più. Dopo aver aperto per gente come i Novembers Doom questo autunno, il quartetto si prepara a un tour europeo per il 2018. Non posso che consigliarvi di andare ad ascoltarli.