SHORES OF NULL – The Loss Of Beauty
Sono passati quasi cinque mesi esatti dall’uscita di The Loss Of Beauty, cinque mesi che mi hanno permesso di mettere a fuoco adeguatamente la quarta fatica di casa Shores Of Null. Centocinquanta giorni e svariati ascolti dopo, eccomi qui, preso bene quanto basta a parlare dello straniante ritorno alla ribalta del quintetto romano.
Per rinfrescare un secondino la memoria a chi si fosse perso qualche dettaglio per strada, gli Shores debuttano nel 2014 con Quiescence direttamente sotto l’egida di un nome storico, quello della Candlelight Records — la stessa che negli anni ’90 ha dato alle stampe i primi tre lavori degli Opeth e i capolavori degli Emperor, giusto per fare due esempi. Senza rimarcare ulteriormente l’ovvio, Quiescence lascia il segno con il suo mix di melodie infestanti e tira-e-molla, tra voci pulite quasi epiche e growl vibranti. Tre anni dopo si rinnova il sodalizio con Candlelight e i Nostri bissano con Black Drapes For Tomorrow. Ancora death-doom romantico ma violento, forte di idee melodiche coinvolgenti e ferocia.
Il primo cenno di cambiamento arriva all’annuncio dell’uscita di Beyond The Shores per Spikerot, l’etichetta gestita dallo stesso Davide Straccione che negli Shores presta servizio come cantante. La rottura non è solo con l’etichetta precedente, ma anche con quello che sembrerebbe essere il continuum della band fino a quel momento. Il terzo disco di casa Shores Of Null è stato apprezzatissimo da queste parti, nella sua smisurata lunghezza, complessità e profondità. Da questo punto di vista, The Loss Of Beauty colpisce molto in profondità perché, nonostante i tre anni di attesa e gestazione, pare di trovarsi davanti a un’altra band, una che Beyond The Shores l’ha pensato ma non l’ha mai partorito davvero.
Un chiarimento in merito arriva direttamente da Davide, che la scorsa estate, in chiusura del Frantic Fest 2022, mi ha raccontato della genesi del disco e di come, di fatto, The Loss Of Beauty sarebbe dovuto essere il successore di Black Drapes For Tomorrow. Problemi interni tra la band e la Candlelight avevano indotto gli Shores a pazientare con le undici tracce preparate per quello che sarebbe dovuto essere il loro terzo album e a lavorare a una sorta di filler per ingannare l’attesa. Beyond The Shores, però, ha portato la band da tutt’altra parte e, non sapendo se si tratterà di un unicum o se sentieri del genere torneranno a essere battuti, il ritorno alle dinamiche precedenti è decisamente straniante.
Della questione del cambio etichetta, Davide ha parlato in maniera più approfondita nella sua recente ospitata dai nostri amici di Si Stava Meglio Quando Si Stava Metal.
Undici tracce più due bonus per quasi cinquantacinque minuti di death-doom melodico sono ciò che offre The Loss Of Beauty all’ascoltatore. Senza artifici, senza eccessi, l’ex terzo ora quarto album di casa Shores Of Null torna a puntare la sua lente di ingrandimento sulla decadenza e l’impermanenza. «Every beauty is tarnished, every joy is ephemeral», si legge sul retro del libretto dell’edizione in CD, lasciando sempre meno spazio a fraintendimenti. I mid-tempo la fanno da padroni lungo la scaletta, anche se le accelerazioni e le distensioni ritmiche di Emilano Cantiano rendono tutt’altro che monotono l’ascolto. Il lavoro di chitarra di Gabriele Giaccari e Raffaele Colace è ancora una volta ispirato e chirurgico, mai vittima dell’ipertecnicismo eppure sempre millimetrico e pesato. Fondamentale anche l’opera del basso, vera chiave di volta del sound degli Shores Of Null: il legante perfetto, quello messo in mostra da Matteo Capozucca, virtualmente dipendente dalle armonie delle sei corde eppure fedele agli andirivieni ritmici della batteria.
Faccio ammissione di colpa e mi dichiaro ufficialmente non imparziale nel giudicare la prova vocale di Davide. Il buon “Beggar” centra di nuovo l’obiettivo, firmando testi evocativi e dando prova di una versatilità al microfono sempre legata a doppio filo al suo stile. Menzione speciale alla conclusiva — pre-bonus — “A New Death Is Born”, in cui tutta la violenza di cui gli Shores Of Null sono capaci è sublimata nell’ottima performance di Straccione. Ad affiancarlo poi nell’ottava “A Nature In Disguise” c’è un ospite di eccezione quale il signor Selvans Luca Del Re, mentre il contrabbassista Fabio Gabbianelli e il pianista Paolo Campitelli appaiono su “The First Son” (quest’utimo anche nella traccia bonus “Blazing Sunlight”). L’ultimissimo ospite sul quarto album degli Shores Of Null, verosimilmente alla sua prima esperienza musicale di sempre, è infine Tommaso Colace, che squarcia le nubi evocate dalla band nella prima metà dell’opera con i suoi vagiti in una due minuti e spiccioli di speranza che, ascolto dopo ascolto, resta l’oasi perfetta per riprendersi dal nichilismo e dall’apparente inconsistenza esistenziale.
Tirando le somme di quanto si può ascoltare nel quarto capitolo discografico firmato dal quintetto, in tutto e per tutto The Loss Of Beauty è il diretto continuatore di Black Drapes For Tomorrow, e alla lunga non fa rimpiangere quanto fatto precedentemente con Beyond The Shores. Certo, l’amante del doom più funereo che era rimasto sotto la violenza di On Death And Dying forse non troverà pane per i suoi denti qui, ma le idee, le passioni, le intenzioni e le pulsioni di chi suda per tenere vivi gli Shores Of Null sono immutate e si sente.