SIENA ROOT – A Dream Of Lasting Peace
Sono trascorsi più di cinque anni da quando ebbi modo di scrivere dei Siena Root per Aristocrazia, in quell'occasione fu una prova live, "Root Jam", a condurli sulle nostre pagine. Quest'oggi si tratta della loro ultima uscita, "A Dream Of Lasting Peace".
Hard-rock, blues, atmosfera da jam-session e psichedelia continuano a farla da padrone: il suono è votato a far rivivere gli anni Sessanta e Settanta, presentandosi in maniera varia e seducente. Suppongo sia superfluo inserire la più classica lista di nomi ai quali poterlo ricondurre, poiché ancora una volta pare siano palesemente identificabili. Tuttavia, la classe compositiva in dote agli Svedesi e la loro capacità di imprimere al lavoro sia il passo ritmico che l'ambientazione più adatta ne riducono notevolmente il peso, rendendoli per lo più degli ottimi punti di riferimento per neofiti e attestando qualità e personalità come parti integranti del marchio Siena Root.
Premuto il tasto «play», si innesca la macchina del tempo. Le tracce scorrono una dietro l'altra e mi perdo assaporando l'opera di un Matte Gustafsson che si diletta elargendo riff più rocciosi e hard, funky e dal languido e avvolgente gusto blues; possiamo godere degli inserimenti dell'Hammond di Erik "Errka" Pettersson e dei solismi di Matte che vanno a intarsiarle e impreziosirle, apprezzando inoltre il compito svolto in maniera raffinata dall'accoppiata ritmica basso-batteria. Questi ruoli sono rispettivamente coperti da Sam Riffer e Love Forsberg, i quali contribuiscono alla componente frenetica e dinamicamente iperattiva dell'opera.
Il complesso strumentale esalta, e si esalta, all'ingresso della voce di Samuel Björö. La prova del cantante è versatile e costantemente sul pezzo. Ciò permette di valorizzare ulteriormente le esecuzioni, dando vita a delle vere e proprie hit, sia con episodi dai toni più vivaci e accattivanti ("Tales Of Independence", "Growing Underground" e "No Filters"), sia dal groove trascinante ("Outlander") o dalle nuance più intime e dall'approccio emotivo appassionato ("The Piper Won't Let You Stay", "Empty Streets" e "The Echoes Unfold").
Al sesto album, sarebbe anche ora che si tributasse alla band il giusto riconoscimento; del resto, credo che chiunque sia letteralmente infognato nell'ascolto di lavori fondati su sonorità rétro non possa far passare inosservata una simile realtà di valore. L'incontro, oltre che gradito, sarebbe probabilmente l'inizio di un bel sodalizio. Ovviamente la lista acquisti tenderebbe ad allungarsi, ma per i Siena Root, e per dischi come "A Dream Of Lasting Peace", sicuramente ne varrebbe la pena.