SIGNUM REGIS – The Eyes Of Power
La formazione slovacca dei Signum Regis prende forma nel 2007 e solo un anno dopo è stato dato alle stampe l'eponimo debutto che metteva in mostra le buone potenzialità in suo possesso. È metal progressivo con una forte componente neo-classica quello che presentano, nulla di realmente innovativo, noterete come le influenze di Malmsteen, Symphony X, Elegy e Control Denied nelle parti più pesanti siano palesi e come altre si accosterrano al vostro udito nello scorrere del secondo e più maturo "The Eyes Of Power". Un concept album che ripercorre il periodo storico che va dal 630 A.C. al 224 A.C., secoli in cui la potenza di Roma si scontrava con le armate persiane, interessante e in fin dei conti la resa in musica è alquanto soddisfacente.
Iniziamo col dire che possedere un uomo dietro al microfono di valore sia decisamente importante, la figura di Göran Edman — ex proprio di Malmsteen, ma anche di altri grandi gruppi quali Vinnie Vincent Invasion e Brazen Abbott — è rassicurante in quanto la qualità e l'approccio sono quelli che uno si aspetta da un cantante che sa fare il suo mestiere, sicuro, incisivo e sempre sul pezzo, se poi sotto si hanno delle basi che fanno del power, sia melodico che prog, la loro natura portante con un'ugola come quella dello svedese si va sul sicuro.
Discreto il lavoro svolto dalle due asce sia in fase di songwriting che nei momenti dedicati alla solistica, escon così fuori brani piacevoli in cui ritornelli e controcanti la fanno da padrone come accade in "Mystical Majesty", "Purpleborn" ed è sempre Goran a esaltare e rendere "Dura Europos" una delle tracce più interessanti e convincenti di una scaletta che al suo interno vede la presenza di ben tre strumentali: "Renewal The East" posto in apertura, carino, tuttavia nulla che si faccia ricordare, il secondo, "The Underground Temple", molto più elaborato e raffinato vede la formazione offrire una prestazione fantastica, il comparto ritmico e le chitarre lavorano a pieno regime come non si era ancora ascoltato, mentre l'ultimo in ordine d'arrivo, "Roma Aeterna", in possesso di un che di malinconico e atmosferico, risultando in grado di proiettare alla mente visioni del glorioso passato della capitale italica.
Ci sono anche le piccole seppur presenti pecche, "One Fatal Enterprise" è forse sin troppo melodica per il gusto di chi scrive e non regge il confronto con le altre, così come "Oathbreaker" e la conclusiva "Destroyers Of The World" non vanno aldilà di una canonica rappresentazione, seppur massiccia, dello stile power.
A "The Eyes Of Power" si può muovere solo la critica d'esser derivativo? E allora non la si pone neanche dato che chiunque faccia musica al giorno d'oggi volutamente e non attinge dal background musicale di band storiche. I Signum Regis sono decisamente validi e questo disco merita d'esser ascoltato e magari di ricevere un po' d'attenzione dato che sin troppo spesso ci limitiamo a controllare le uscite dei grandi nomi rischiando di perdere chicche non da poco come questa. Se amate il genere l'acquisto non è da escludere a priori.