SKY SHADOW OBELISK – Sky Shadow Obelisk / Una Lux Una Sonas | Aristocrazia Webzine

SKY SHADOW OBELISK – Sky Shadow Obelisk / Una Lux Una Sonas

 
Gruppo: Sky Shadow Obelisk
Titolo: Sky Shadow Obelisk / Una Lux Una Sonas
Anno: 2009 / 2011
Provenienza: U.S.A.
Etichetta: Yuggoth
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TRACKLIST "SKY SHADOW OBELISK"

  1. Sky Shadow Obelisk
  2. Ex Oblivione
DURATA: 26:23
 

TRACKLIST "UNA LUX UNA SONAS"

  1. Colony Collapse
  2. Una Lux Una Sonas
  3. Dead Star Valley
DURATA: 32:30
 

Siamo nell'era dei solo project, inutile negarlo: oggi più di ieri la possibilità di registrare musica propria senza il supporto di altri, ottenendo lavori anche di indiscutibile qualità, ha favorito il proliferare di una miriade di progetti solisti; non c'è vincolo di genere o dimensione sonora, l'unico punto da focalizzare è la presenza o meno di proprietà artistiche. Il mondo del metal, con il panorama estremo che più di tutti sta beneficiando di questa tendenza, ha da sempre grandi nomi che portano avanti realtà simili: chi non conosce Burzum?

Lo stesso discorso è stato intrapreso anche nel settore doom, pensate a Ryan degli statunistensi The Howling Void e Stijn van Cauter con le sue mille e più realtà, in ambito similare si muove Peter Scartabello, mente degli Sky Shadow Obelisk. Sono due gli ep prodotti, uno eponimo datato 2009 e "Una Lux Una Sonas" del 2011, che per comodità ho deciso di trattare in un'unica soluzione. Trovo infatti che il processo compositivo messo in atto da Peter sia di stampo continuativo.

"Sky Shadow Obelisk" è un monolite doom-death minimale e naturalistico radicato profondamente nel terreno seminato da gente come i primissimi Cathedral, mentre "Ex Oblivione", ispirata dalla letteratura di H.P. Lovecraft (che verrà ampiamente citato nelle parti in recitato) e volutamente avanguardistica, pare essere attraversata da una visione di stampo voivodiano; questa infittisce il fattore ambientale, addensandolo al pari di una coltre grigiastra che viene impreziosita da chitarre che in fase di solo (Joe Charupakorn è l'autore del primo e Greg Brothers del secondo) aggiungono un tocco quasi jazz. La nota non proprio felice riguarda l'ingresso della voce pulita, che avrebbe bisogno di una registrata. Queste sono le basi che hanno dato linfa vitale all'operato di Peter, per poi intraprendere un corso musicale lievemente diverso col successivo "Una Lux Una Sonas".

Sono tre gli episodi contenuti nel secondo mini, come i predecessori sono caratterizzati da una lunga durata, ma stavolta forniti di una produzione più roboante e netta nel definire i suoni. Il cambio di direzione infatti non riguarda la totalità della prova — alcune componenti sono rimaste in comune, soprattutto l'impianto atmosferico in alcuni precisi frangenti è similare — bensì la fisionomia interna delle tracce, noterete a esempio come "Colony Collapse" sia molto più prestante e agguerrita, in possesso di un lavoro di batteria in alcuni momenti quasi tribale e di un riffing più tagliente. Ovviamente gli attimi più intimi non sono assenti: l'apparizione della voce pulita è però perfettamente inquadrato e calzante allo schema, una fuga quasi in stile settantiano che nel tirarsi fuori dalla scena lascia il ruolo di protagonista al violoncello di Christine Harrington, rendendo l'aria ancora più malinconica. Il finale dapprima rivitalizzato e nelle ultimissime emissioni greve fa da preludio all'incipit acustico della successiva "Una Lux Una Sonas", ennesima canzone che esibisce due facce: una dolce, delicata e obliante, l'altra dura e severa; un alternarsi che pone un dovuto equilibrio e che in questo caso vede la prestazione dietro il microfono carente, evocativamente parlando; forse la mancanza di precisione n'è la maggiore delle cause. Nonostante tutto però essa recupera quei punti (a dire il vero pochi) persi in antecedenza con un'esecuzione non perfetta in toto nell'ultima "Dead Star Valley". La traccia pone la parola fine a un viaggio che in più di un'occasione ha sfiorato i lidi funeral senza addentrarvisi mai del tutto, c'è un barlume di speranza, una sottile, fioca luce che si fa largo fra le svariate ombre che assemblano il mosaico che ha per nome Sky Shadow Obelisk.

Il progetto di Peter è in piena crescita e sta maturando. Non so se la sua passione per la musica classica diverrà ancora più influente ai fini della raffigurazione sonora intrapresa, so per certo che gli Sky Shadow Obelisk stanno assumendo pian piano una forma propria. C'è sicuramente un bel po' da lavorare, ma il compito sinora svolto ha portato con sè note più che positive. Consiglio agli appassionati dei vari filoni doom di dare una chance ai due ep e di seguire con attenzione gli eventuali sviluppi di questa genuina realtà.