SLAYER – World Painted Blood
Gruppo: | Slayer |
Titolo: | World Painted Blood |
Anno: | 2009 |
Provenienza: | U.S.A. |
Etichetta: | American Recordings |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 39:49 |
Provo amore infinito verso gli Slayer, la band che ha aperto a tanti le porte al metal ed è stata capace di creare capolavori irripetibili. Inutile citare quali visto che ormai anche i novellini li dovrebbero conoscere, essendo divenuti dei must assoluti del thrash. Nei confronti di Tom Araya e soci si sono create diverse fazioni negli anni: chi li rispetta sino a "Season In The Abyss", definendoli morti da quei tempi e godendoli solo live; quelli che reputano il periodo Bostaph fra alti e bassi di buon livello; e chi pensa che semplicemente sono gli Slayer e le chiacchiere stanno a zero. Parlare di questo nuovo "World Painted Blood" non è quindi cosa facile, poiché il suo predecessore "Christ Illusion" aveva lasciato una sorta d'amaro in bocca anche ai più ferrei sostenitori (compreso il sottoscritto), che l'ultimo nato non copre del tutto, ma almeno allevia.
La band aveva fatto proclami guerriglieri, annunciando l'arrivo di un nuovo "South Of Heaven" o "Season In The Abyss" e in effetti il disco in questione saccheggia più o meno entrambe le uscite a livello di riff, senza però sfiorarne di striscio il valore. Il marchio di fabbrica è il loro e si ode palesemente, tuttavia mancano ahimé i pezzi, situazione scontata quanto triste. Infatti se "World Painted Blood", "Unit 731", "Hate Worldwide", "Snuff" o il singolo di lancio "Psychopathy Red" fanno ben sperare sia per tiro che per intenzione, rimembrando fasti del passato (seppur con qualche acciacco), il resto del lavoro è da brivido alla schiena, di quelli striscianti che ti acuiscono la sensazione di paura in corpo. È assurdo dover ascoltare un episodio come "Beauty Through Disorder", un misto fra le due ere della band che non sa dove andare a parare, mentre non so davvero cosa sia passato per la testa degli Slayer con "Americon" (pezzo più brutto del lotto), forse di inserirsi nel filone danzereccio? Altra mela marcia dell'album è "Playing With The Dolls", dal riff scialbo, canzone senza capo né coda.
Déjà vu continui, Araya in fase calante ormai costante (non ce la fa proprio più e non è il solo nella scena, dato che l'età si fa sentire per tutti e c'è poco da fare), scelte bislacche, facendo i conti è poco quello che si salva. La cosa realmente deludente è la prestazione alla batteria di Lombardo: statico, privo di qualsiasi spunto che possa essere considerato di gusto e profondità, relegando la sua esperienza nella formazione a semplice presenza dietro le pelli. Come se non bastasse, Rick Rubin è riuscito a toppare due produzioni importanti di seguito, dopo un "Death Magnetic" a cui ha fornito uno schifosissimo suono noise (e chi suona quel genere mi scusi, perché quella è musica, una reale forma d'arte), per gli Slayer ha fatto di meglio: se l'è proprio dimenticata. È talmenta asciutta da risultare asettica, con una spinta pari a uno zero, non contando che spesso le chitarre si sentono poco, se non in fase d'assolo, insomma un lavoro tristemente scadente.
Sui piatti della bilancia ci sono da un lato la passione, la storia e qualche brano buono che farebbero pendere per una sufficienza di stima e rispetto per gli Slayer, nell'altro un lavoro che dice chiaramente «siamo arrivati al capolinea». Se è vero che la band ha preso la decisione di sciogliersi, che lo faccia sul serio o continui soltanto in sede live (sempre che Araya regga ancora), perché non è proprio più il caso di far uscire ancora dischi di valore così deficitario .