SOJOURNER – The Shadowed Road
Sono trascorsi diciotto mesi da quando il sottoscritto si profondeva in lodi, presentando il meraviglioso debutto dei Sojourner. Ho atteso così con grande impazienza il momento di poter scrivere del successore, The Shadowed Road. In questo anno e mezzo Empires Of Ash ha continuato a essere una presenza costante nei miei ascolti, riconfermandosi ogni volta come un lavoro incredibilmente bello e ora posso affermare senza alcuna remora che le mie altissime aspettative nei confronti del nuovo parto hanno trovato riscontro.
Con “Winter’s Slumber” appare immediatamente chiaro come (fortunatamente) poco sia cambiato rispetto all’esordio: una splendida intelaiatura di piano e ariose melodie dal sapore arcaico fanno da apripista per un disco ricolmo di impagabili sensazioni agrodolci. Il flauto poetico e la delicatissima voce di Chloe sottolineano passaggi a dir poco epici, ma allo stesso tempo dolci e carezzevoli, mentre riff robusti e ritmiche corpose costruiscono solide strutture a sostegno di un comparto atmosferico estremamente sviluppato: questo è il concetto che sta evidentemente alla base della creatività dei Sojourner.
Le coordinate musicali di The Shadowed Road sono le stesse presentate con Empires Of Ash e — sebbene qualcuno potrebbe magari lamentare una certa mancanza di soluzioni nuove — i Nostri si dimostrano ispiratissimi e oltremodo abili nel ricamare trame dal retrogusto epico, alle volte più maestose e fiere (“Ode To The Sovereign”, “Where Lost Hope Lies”, “Our Bones Among The Ruins”), oppure più bucoliche e riflessive (“The Shadowed Road”, “Titan”, “An Oath Sworn In Sorrow”). Il risultato è un’inevitabile spinta a visualizzare pianure sconfinate e boscaglie vergini, paesaggi provenienti da altre epoche e da altre realtà spaziali: mondi nei quali il dominio dell’Uomo è stato probabilmente di brevissima durata, dove Madre Natura si riappropria di ciò che le era stato indebitamente sottratto e le memorie umane sono soltanto dei lontani richiami vagamente percettibili.
Proprio nelle suddette caratteristiche risiede la forza meravigliosa della proposta: l’irresistibile richiamo a chiudere gli occhi e a lasciarsi inondare da una diafana e profondissima bellezza, da un flusso cullante ed evocativo di energia creatrice. Il quintetto dipinge senza sosta commoventi visioni di morte e rinascita, di gloriosa malinconia e di tragici trionfi, accompagnando il tutto con una perenne e meravigliosa spinta onirica. A noi non rimane che essere estasiati spettatori di uno scenario affascinante, in cui la presenza umana è finalmente davvero marginale.
L’unico vero dispiacere che rimane è quello di non trovare parole sufficienti per descrivere una gamma di sensazioni così profonda e complessa, rendendo il mero linguaggio davvero limitante a tal scopo. Una proposta con una potenza immaginifica così straripante merita semplicemente di essere ascoltata e vissuta, lasciando che le sognanti note affreschino la mente di ognuno secondo le proprie inclinazioni.
Non è un mistero che tale tipologia di Black Metal atmosferico farebbe probabilmente venire piaghe e orticarie a una lunga fila di puristi, ma è altrettanto evidente che i Sojourner condividono con il Black Metal in senso stretto solo pochi stilemi teorici di genere: qui non troverete gelo, violenza, rabbia e invocazioni oscure. Al netto di catalogazioni (purtroppo oggigiorno necessarie) che lasciano il tempo che trovano, questo è un disco davvero splendido, a patto ovviamente che vi piacciano atmosfere elegiache, tastiere onnipresenti, epicità da saga tolkeniana e via dicendo. In breve, se avete amato Empires Of Ash, amerete altrettanto The Shadowed Road: sognerete molto, viaggerete lontano e difficilmente vi stancherete di farlo.