Solaris - Un Paese Di Musichette Mentre Fuori C'è La Morte

SOLARIS – Un Paese Di Musichette Mentre Fuori C’è La Morte

Gruppo: Solaris
Titolo: Un Paese Di Musichette Mentre Fuori C’è La Morte
Anno: 2020
Provenienza: Italia
Etichetta: Bronson Recordings
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TRACKLIST

  1. Podio
  2. Ezikmndrek
  3. Oro
  4. Voce
  5. Maledetti
  6. Marnero
DURATA: 33:57

A quasi tre anni dall’EP L’Orizzonte Degli Eventi, tornano a farsi vedere i Solaris, una delle tante valide realtà del brulicante underground di Cesena e dintorni. Lo fanno con un disco che, dietro a una veste grafica tanto semplice quanto bella e un titolo che è una citazione dell’acclamata serie Boris, convince da tutti i punti di vista.

Un Paese Di Musichette Mentre Fuori C’è La Morte — oltre a essere uno spaccato abbastanza fedele dell’Italia, specialmente ora che siamo reduci da un’altra tornata di Sanremo — è un disco intriso di spirito novantiano, descritto come noise rock ma che in realtà è molto di più. Per stessa dichiarazione del quartetto, le coordinate sono identiche a quelle che hanno fatto la fortuna di Helmet, The Jesus Lizard e altri, così come la scelta del produttore Martin Bisi (uno che nel curriculum vanta Swans e Sonic Youth) non è stata certo casuale: sicuramente c’entra un po’ la mia limitata cultura in merito, però i Solaris suonano freschi e personali, complice anche la scelta di cantare in italiano che aggiunge intensità alla già espressiva e accattivante voce di Alberto Casadei.

L’urgenza di “Podio” è solo una delle facce della proposta dei marchigiani e lascia subito spazio alla più intima “Ezikmndrek”, una delle tracce migliori del lavoro dal sentore quasi grunge, che mette sul piatto un’introspezione e una delicatezza che fanno da contraltare alle sezioni più incazzose; stesso discorso vale per la successiva “Oro”, che si sposta su toni heavy psych. Aggiungere al tutto un pizzico di post-rock che non guasta mai e il mix di UPDMMFCLM — perdonate l’orrendo acronimo — si rivela perfetto, con la bellissima “Marnero” che chiude il lavoro tornando su sonorità più ruvide (con il contributo di Andrea Fioravanti dei Postvorta, presente anche sulla precedente “Maledetti”).

Chiudo riprendendo uno degli elementi peculiari del disco: per mio gusto personale, scegliere l’italiano è un’arma a doppio taglio, ma che se usata sapientemente può dare un valore aggiunto enorme. I Solaris ci riescono benissimo, rendendo ancora più tangibile un’opera già di per sé sfaccettata e trascinante, che lascia soltanto curiosità e ottime speranze per un eventuale seguito.