SOMALGIA – Inverted World
«How deep does the rabbit hole go?». Con queste parole Repose Records ci introduce all’ascolto di Inverted World, il primo album dei Somalgia. Per scoprire quanto a fondo vada la tana del coniglio è necessario salire sulla macchina del tempo e viaggiare indietro sino al 2019. All’epoca il progetto è una one man band costituita da Tom Collins e dedita a un black metal atmosferico, eclettico e fuori dagli schemi, che il primo maggio pubblica uno spilt con i conterranei Peasant intitolato Within, Without: due tracce a band, per un totale di circa venti minuti di musica senza compromessi.
Da allora è passato pochissimo tempo, ma per i Somaglia sembrano trascorsi secoli: il gruppo è ora un duo con l’aggiunta di Ryan Stevenson e la musica proposta è profondamente diversa, eppure intimamente connessa al passato. Di quel black metal atmosferico rimane ben poco, giusto qualche sfuriata qua e là (“The March Of Tyranny”) e il piglio anticonvenzionale. Ciò che è contenuto in Inverted World potrebbe essere ascritto, per pura comodità, al genere di ciò che rifugge ogni etichetta: l’avantgarde metal. O, come si definisce la band anche sulla propria pagina Instagram, alla «post-genre music».
Nulla è come sembra, in Inverted World. Una sinistra sensazione pervade l’intera opera. Come se qualcosa di riconoscibile fosse, tutto a un tratto, irriconoscibile a causa di qualche piccolo dettaglio distorto, a partire dalla copertina. Quella che pare la semplice chioma di una palma stagliata contro un cielo azzurro e limpido ha qualcosa che non va. Sembra artificiale, i suoi frutti hanno un’aria militareggiante. Riconoscibile e irriconoscibile allo stesso tempo: esattamente come la musica qui contenuta.
Il duo Collins-Stevenson si diverte a gettare contro l’ascoltatore i più disparati generi e influenze. Dal post-rock al progressive, dal black al trip hop (“Consumer”), Inverted World ne ha davvero per tutti i gusti. A tratti pare di sentire dei figliocci dei Solefald più sperimentali. I Somalgia cercano — e spesso trovano — l’effetto sorpresa in ogni brano. Prendiamo “Dear Rulers”, un inno dall’andamento blando e quieto contro i potenti della Terra e le loro menzogne, un po’ blues e un po’ post-rock. Sul finale, il colpo di scena: la rabbia soppressa esplode in un assalto black-death, venato di prog, che spiazza e affascina.
Ciò che fa storcere il naso, a fronte di una scrittura tutto sommato buona, è il contenuto dei testi. Concepito e sviluppato durante la pandemia di Covid-19 (citata direttamente in quello che si direbbe un estratto da un notiziario tv inserito nella già citata “The March Of Tyranny”), Inverted World sembra voler strizzare l’occhio a certe frange cospirazioniste della popolazione. Sin dalle prime strofe di “God Is Dead”, brano che apre il disco, si trovano elementi che appartengono alle loro teorie e ai loro motti: «Welcome to the godless world / Skeptics are now ostracised / New world order is new normal / Thinking clearly demonised / Mass indoctrination / From the tv direct to your eyes / 1984 is here / All opinion sanitised». Noi lasciamo il beneficio del dubbio ai Somalgia: magari i testi vanno letti come parodia del pensiero cospirazionista, magari no. Ciò che è certo è che il mood generale dell’album è molto serio e non sembra dare spazio a ironie di sorta. Ai nostri lettori l’ardua sentenza.
Fatto sta che il disco, sorvolando sull’ambiguo contenuto lirico, offre poco più di mezz’ora di musica interessante e variegata. Una prima prova sulla lunga distanza ben riuscita e stimolante. L’invito è quello di segnarci il nome dei Somalgia: è da tenere d’occhio per gli anni a venire.