SOULLESS – Shine In Purity
Se la prima impressione che hai avuto guardando la copertina di Shine In Purity è stata quella di trovarti davanti a un album di Sadness, non hai tutti i torti. A partire già dal solo punto di vista estetico, infatti, il terzo lavoro sulla lunga distanza firmato Soulless si presenta in continuità con le tonalità di viola e male della one man band americana. Dal canto suo, Shine In Purity ha visto la luce come autoproduzione negli ultimi mesi del 2020, accaparrandosi un’uscita in cassetta a inizio anno tramite Harsh Productions per poi guadagnarsene una in formato CD grazie alla nostrana Flowing Downward, che coincidentalmente ha pubblicato diversi lavori di Damián Ojeda.
Le affinità con la produzione targata Sadness, però, non si limitano al fronte estetico. Anche sul piano compositivo l’indonesiano Rivanectomy (del quale non si sa altro, se non che sia un classe ’99) guarda instancabilmente al Nuovo Continente, finendo quindi per distillare riff dilatati e atmosfere pregne di tristezza e malinconia. Ciò detto, però, va messo nero su bianco come le influenze del Nostro non si limitino all’atmospheric di stampo depressive di Ojeda, ma affondino anche nel più classico post-black intriso di shoegaze diffuso tra i Pirenei e i fiumi Oder e Neiße. Non sorprende, quindi, che la proposta di Soulless emani vibrazioni che ci riportano alla mente la band di souvenir di un altro mondo o che richiamano all’operato di Heretoir, Amesoeurs e Lantlôs; eppure, nonostante le molte strizzate d’occhio, Shine In Purity non emana alcun lezzo di già sentito.
Il terzo album della one man band indonesiana, musicalmente parlando, non si discosta eccessivamente dai canoni del genere fissati dalle band menzionate, ma riesce a districarsi per la selva delle atmosfere agrodolci e sviolinate sui polsi con una discreta dose di personalità. Dalla immediata “Arunika” alla strumentale “Forever…”, passando per i momentoni di “Pure” e le sferzate di “I See The Light In Your Eyes”, è facile comprendere come all’apparenza il nome del progetto non renda giustizia alla sua stessa proposta. Perché, a giudicare dagli arrangiamenti, dai testi e dall’esecuzione, quella di Soulless è tutt’altro che musica senz’anima.
Shine In Purity non rivoluzionerà il mondo del black-che-non-è-vero-black-perché-il-solo-vero-metal-non-ha-il-post-davanti, ma sono pronto a scommettere che l’ultima prova della creatura di Rivanectomy riuscirà a toccare le corde degli appassionati del genere. Non so te, a questo punto, ma io mi sono segnato il nome di Soulless, perché in futuro potrebbe regalarci qualche altra bella sorpresa.