SVART CROWN – Ages Of Decay
Gruppo: | Svart Crown |
Titolo: | Ages Of Decay |
Anno: | 2008 |
Provenienza: | Francia |
Etichetta: | Rupture Records |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 45:32 |
Nel 2008 gli Svart Crown pubblicano tramite Rupture Music il loro album di debutto: "Ages Of Decay". In questo cd vi avviso già che non troverete nulla di eclatante o sperimentale, ma soltanto un vero e proprio tributo alle sonorità rese famose in questi ultimi tempi da band come Arkhon Infaustus, Belphegor e Behemoth del periodo "Satanica" e "Thelema.6".
La prestazione dei quattro ragazzi francesi è perfetta e priva di sbavature, aiutati anche dalla produzione ottimale per il genere. Parlando del disco vero e proprio, dopo l'introduttiva "Open The Graves Of Time" ci sbattono in faccia "Tribes Of The Forgotten Ages" dal piacevole inizio death-thrash molto trascinante. Col proseguire della canzone, si finisce per sconfinare verso lidi più melodici e black in pieno stile Behemoth, che saranno alla fine una costante del disco e in una certa maniera anche un handicap.
Il brano seguente prosegue la scia intrapresa nel finale della canzone precedente, infatti "Crystalize Your Idol" si presenta come un mid-tempo possente arricchito nelle parti conclusive dei riff con pesanti scariche in blast beat per appesantire il tutto; il cambio dell'umore nel finale si lascia apprezzare, soprattutto per la svolta epica che cerca di intraprendere. "Caligula" invece si mostra come una delle canzoni più monolitiche dell'intero cd: oltre a essere il pezzo più lungo dell'intero disco (6'41"), alterna improvvise accelerazioni death metal venato di black a un passo lento e mastodontico; un brano altamente coinvolgente, che potrà essere un vero e proprio cavallo di battaglia nei vari eventi dal vivo. "Deadly March" colpisce soprattutto per l'assolo iniziale che fa poi da vero apripista per la canzone in sé, epico senza nessun tipo di virtuosismo, insomma semplice ed efficace; il resto della traccia è una vera e propria marcia funebre, oscura e opprimente, con una sezione ritmica possente e autoritaria.
La seconda metà del disco prende il via con "Burning Messiah", dove l'onnipresente ombra dei Behemoth si fa più tangibile che mai; un pezzo di per sé inutile, non facendo altro che aumentare il minutaggio dell'intero lavoro. "Pestilential Rising" con la sua vena melodica riesce invece a donare un po' di varietà a un album che fino a questo momento aveva viaggiato su binari prestabiliti e lo fa grazie soprattutto a un assolo finale in puro stile heavy metal.
Dopo questo piccolo excursus, si ritorna sulle coordinate del death-black più puro e pestato con "Orgy And Sodomy", un pezzo perverso e deviato che molto deve a "Lucifer Incestus" dei Belphegor. A cullarci verso il brano finale del disco ci pensa la melodica e strumentale "Onward To The Slaughter", il perfetto usciere per "Apocalyptic Triumph", episodio epico e desolante in cui le caratteristiche messe in mostra per tutta la durata della scaletta vengono riunite, per omaggiare al meglio l'Armageddon: è un mid-tempo maestoso, cantato con una voce lacerata dal dolore e dalla rabbia, un growl secco e acuto che si sposa in maniera elegante col pezzo; il cambio di tempo centrale colpisce in pieno volto senza lasciare scampo a nessuno. Probabilmente, insieme a "Tribe Of The Forgotten Ages", il pezzo più bello dell’intera opera.
Termina così "Ages Of Decay", la prima fatica dei transalpini Svart Crown, un'uscita che non inventa nulla di nuovo, ma che si lascia godere completamente. Consigliata soprattutto agli amanti del genere oppure ai fan delle band citate a inizio recensione.