TAUR-IM-DUINATH – Randir | Aristocrazia Webzine

TAUR-IM-DUINATH – Randir

 
Gruppo: Taur-Im-Duinath
Titolo: Randir
Anno: 2016
Provenienza: Italia
Etichetta: Depressive Illusions Records
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TRACKLIST

  1. L'Incedere Del Vuoto
  2. Scrutare L'Abisso
  3. Fuochi Estinti
  4. La Chiusura Del Cerchio
DURATA: 24:21
 

Non capita tutti i giorni di trovarsi di fronte a un progetto black metal nato in Campania, eppure la regione è sicuramente ricca di potenziali fonti di ispirazione (come dimostrato in altri ambiti musicali da una band come le Corde Oblique). Inutile dire che, da campano, ho accolto con una certa curiosità il demo d'esordio della one man band Taur-Im-Duinath, dietro cui si cela il musicista Francesco Del Vecchio, da Eboli (Salerno), già sentito ad esempio nei Throes Of Perdition.

Il nome del progetto, pur essendo di estrazione tolkieniana, ha comunque una certa relazione con l'area di origine di Del Vecchio. Taur-Im-Duinath («terra tra due fiumi» in sindarin) è infatti una misteriosa e praticamente inesplorata zona della Terra di Mezzo, e anche Eboli sorge tra due fiumi (proprio sul Sele e, un po' più a ovest, il Tusciano) ed è una terra se vogliamo metallicamente molto poco conosciuta.

Il nome del demo "Randir" indica, ancora in sindarin, un viaggiatore, ed è proprio questa la figura che narra le sue riflessioni durante una escursione nella natura. Le maggiori fonti di ispirazione musicale, contenutistica, e anche visiva, vengono principalmente dalle ibridazioni folk-atmosferiche del black metal di matrice nord-europea e in generale da quello di ispirazione naturalistica. Inattesa (e a mio avviso riuscita) la scelta di usare l'italiano per i testi, nonostante la custodia potesse lasciar intendere l'ennesimo disco da Terra di Mezzo, che infatti regala all'album una certa personalità.

Del Vecchio si occupa di tutto e si vede che tra i suoi ascolti sono sicuramente passati anche gli Agalloch, che sono piuttosto presenti nel modo di intendere le chitarre soliste e nei passaggi semi-ambientali all'inizio e alla fine del disco. Il viaggio si svolge sostanzialmente tra introduzione e tre tracce che dialogano molto tra di loro, sia a livello di contenuti che di ritorni musicali (particolarmente evidenti in "La Chiusura Del Cerchio"). Il narratore si interroga sull'essenza della natura, sulla sua sopravvivenza e su ciò che significa per noi.

Con i suoi quasi venticinque minuti, "Randir" lascia ben sperare per il futuro di questo giovanissimo progetto black metal. Chissà se nel futuro lo vedremo mettere in gioco in maniera più esplicita anche le potenzialità specifiche offerte dal contesto, per ora siamo davanti a un lavoro piuttosto consapevole, forse un po' troppo innamorato del mid-tempo, che mette in mostra ottime cose.