TERRAFORMER – Mineral
Mi fa sempre piacere scoprire nuovi gruppi con qualcosa da dire, in particolare quando si innestano con una personalità abbastanza distinguibile in scene a prima vista un po’ statiche, come può risultare a volte la macro-area del post-rock. I belgi Terraformer esordirono con un EP digitale nel 2010, per poi raggiungere via via un discreto seguito con i lavori successivi, fino all’uscita di Mineral nella prima metà del 2017.
Partiamo dallo stile da fumetto di fantascienza della copertina, ancora una volta opera dell’illustratore Fabrice Bovy (aka Fafou), con il quale il trio aveva già collaborato in passato. Il respiro in qualche modo cosmico dell’album viene trasmesso in maniera molto efficace fin da subito. Dal punto di vista stilistico, i tre propongono musica interamente strumentale e si descrivono più o meno così sul loro profilo Bandcamp: «Cheesy layers. Rash looping. Evil patterns. Semi mosh. Catchy tappings.» e altre definizioni similmente improbabili e allo stesso tempo azzeccate.
Lo sludge di stampo belga è un’influenza ben presente nel post-metal/rock suonato dai Terraformer, emergendo già nell’incedere deciso e roccioso della traccia di apertura “Aegean”. Lo scenario cambia con l’intro meditativa della più pelicanesca “Adamantine”, mettendo in mostra un po’ di quella varietà di stili enunciata nella descrizione del gruppo. I Terraformer si dimostrano a proprio agio sia con i canonici brani da oltre otto minuti sia in quelli più concentrati e sostenuti come “Amethyst”. In generale, il terzetto si muove benissimo sui territori di riferimento, con interessanti linee melodiche e una sezione ritmica molto competente, mentre i loro brani riescono a entrare nella mente di chi ascolta anche senza troppe sessioni.
Mineral è senza dubbio una delle sorprese più positive del mio 2017 in ambito post-rock/metal, dopo che i Russian Circles avevano contribuito a risvegliare il mio interesse sopito per quest’area della musica strumentale. Siamo davanti a un gruppo pronto a fare un bel salto di qualità dopo alcuni anni spesi (bene) nell’underground, come dimostrato anche dal fatto che abbiano già portato questo album in giro su palchi importanti di Europa tra primavera ed estate, come nell’occasione dell’apprezzatissimo Dunk!festival di maggio.