THE ANGELIC PROCESS – Weighing Souls With Sand
Gruppo: | The Angelic Process |
Titolo: | Weighing Souls With Sand |
Anno: | 2007 |
Provenienza: | U.S.A. |
Etichetta: | Profound Lore Records / Roadburn Records |
Contatti: |
non disponibili |
TRACKLIST
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DURATA: | 65:45 |
È difficile parlare in modo obiettivo di un disco come "Weighing Souls With Sand". Trattasi della terza e purtroppo ultima fatica di un ambizioso progetto creato dall'americano Kris Angylus, da pochi mesi passato prematuramente a miglior vita, che tenta di mescolare toni prettamente ambient con basi ed effetti chitarristici propri del drone più cupo e decadente da un lato e dello shoegaze più caldo e avvolgente dall'altro.
Se i primi due lavori completi, "…And Your Blood Is Full Of Honey" e "Coma Waering", potevano risultare piuttosto indigesti a causa di melodie molto cupe e spesso soffocate da distorsioni di sorta, con questo ulteriore sforzo Angylus si è dimostrato in grado di convogliare le proprie capacità compositive in un prodotto perfettamente amalgamato, eterogeneo e profondo. Fin dalla copertina (ancor più godibile nell'edizione in vinile del disco), decisamente più chiara e onirica delle precedenti, si capisce di trovarsi di fronte a un lavoro pensato e complesso, espressione di una maturità compositiva finalmente raggiunta. Certo, il disco non è esente da difetti, tra cui una certa propensione alla prolissità, specialmente in alcuni passaggi dove sono le note effettate a farla da padrone, ma questo non pregiudica il risultato finale, ora più che mai godibile e relativamente fruibile.
Nello specifico, si fanno notare la seconda "Million Year Summer" e la centrale "Dying In A-Minor"; l'una ammaliante e trascinante, l'altra malinconica, dilatata, deprimente. Nonostante il differente approccio delle tracce, l'insieme non perde assolutamente di congruenza e le atmosfere richiamate sono altamente evocative; questo muro sonoro, scandito da grida alle volte addirittura indistinguibili dal suono disturbato della strumentazione, riporta alla mente un ambiente freddo, ostile, dove l'essere umano, nella sua piccolezza, è controvoglia costretto ad avere a che fare con forze al di là della sua comprensione, in un mondo in cui il calore del sentimento non è che vagamente accennato, sempre costretto a soccombere.
Col senno di poi, quasi una beffa per il talentuoso e giovane musicista alle spalle di tutto ciò, portato via dalla depressione dopo un incidente che gli aveva impedito di poter continuare a suonare, di poter continuare a canalizzare le proprie emozioni attraverso gli strumenti.
Nota: questa recensione venne originariamente pubblicata nel 2008 sulla defunta SoundMark Zine.