THE DEVIANT – Rotting Dreams Of Carrion
La storia dei The Deviant ha un grande buco di tredici anni nel mezzo. Tanti ne sono passati dal debutto Ravenous Deathworship (2005) al secondo album Lightning Bolts (2018). Purtroppo le vicende che si celano dietro questa pausa, stando alle interviste, non sono così interessanti: si parla di una vecchia etichetta sparita nel nulla, degli altri progetti dei musicisti che si sono presi una porzione consistente del loro tempo, degli impegni familiari. Di conseguenza è molto probabile non avere dimestichezza con questo nome dell’underground norvegese.
I The Deviant nascono nei primi anni 2000 dalle ceneri dei 122 Stabwounds, ai quali si unisce Dolgar dei Gehenna, una delle classiche formazioni melodic black metal degli anni Novanta. Rotting Dreams Of Carrion è il terzo disco del gruppo e al contrario del suo predecessore ha richiesto solo due anni per essere scritto, suonato e pubblicato, probabilmente segno di una voglia di fare ritrovata.
Se l’anima dei The Deviant è quella del black norvegese, che si concretizza nell’utilizzo frequente di melodie sulfuree, siamo piuttosto lontani dal gelo ipnotico a cui spesso accostiamo questo genere musicale. Il death metal ha preso il sopravvento sul resto: c’è molto dei Morbid Angel, specie quelli di The Covenant e Domination, e qua e là appaiono rimandi agli Incantation; eppure non si ha l’impressione di avere davanti un album oppressivo o complesso, al contrario Rotting Dreams Of Carrion suona piuttosto accessibile per tutta la sua durata. Malgrado il lavoro non contenga grandi variazioni stilistiche, i brani mostrano coerenza interna e sono sempre piacevoli da ascoltare. Inoltre pur essendo praticamente tutti impostati su tempi medi, va detto che offrono numerosi riff, cambi di tempo frequenti e ritmiche variegate, grazie alla creatività del batterista Bomber.
Rotting Dreams Of Carrion dura solo 35 minuti, ciò significa che ci lascia molto prima di annoiare; anche se devo ammettere di non essere rimasto troppo colpito dalle tracce conclusive. Il che non è per forza un male: i The Deviant hanno investito molto in questa opera e si sente, ma al contempo hanno avuto l’accortezza di risparmiarci riempitivi che avrebbero davvero messo a repentaglio la percezione generale del loro lavoro. Detto ciò, i The Deviant non hanno più nulla da dimostrare a nessuno: se la loro parabola dovesse continuare mantenendo questi standard, sarebbe una band che nel suo piccolo potrebbe dare qualche soddisfazione.