THE DOGS – The Grief Manual | Aristocrazia Webzine

THE DOGS – The Grief Manual

 
Gruppo: The Dogs
Titolo: The Grief Manual
Anno: 2018
Provenienza: Norvegia
Etichetta: Drabant Music
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TRACKLIST

  1. We Were Made Out Of Loss
  2. The Children That He Loves The Least
  3. Told With Bad Intent
  4. Primitive Etchings
  5. We Won't Come Back
  6. Hindsight
  7. Prelude To Murder
  8. Her Last Song
  9. Oh Why
  10. Lie To Me
DURATA: 32:21
 

Onestamente non so come, ma i The Dogs ci sono riusciti ancora una volta: a solo un anno di distanza dal precedente "Death By Drowning", hanno sfornato un nuovo capitolo della loro carriera, intitolato stavolta "The Grief Manual", ed è splendido. Diciamo che per questi sei norvegesi, che ormai hanno fatto breccia nel mio cuore come pochi altri, pubblicare un disco nuovo ogni anno è una piacevole abitudine da un po' di tempo e io non posso che esserne felice, perché le attese si riducono drasticamente e finora non ho mai ascoltato nemmeno una canzone che mi abbia deluso. Credo che già da queste prime righe si possa facilmente dedurre quale sarà il mio giudizio sull'album numero sei.

Mea culpa, la recensione arriva qualche mese più in là rispetto alla data di pubblicazione dell'album, ma il lato positivo è che ho avuto (abbondante) tempo per ascoltarmi tutti i brani almeno una ventina di volte e di farmi sommergere da un garage punk che, dietro melodie ritmate che ti fanno agitare sulla sedia, cela testi che esplorano le più diverse tragedie dell'essere umano: crudi, tristi, o come ormai qui su Aristocrazia diciamo spesso doom.

Qualche esempio? «If there's a god, we're the children that he loves the least»: rispetto la scelta di Kris, autore del testo, e riporto «god» con la lettera minuscola. Oppure «Dearest friend / I know I made you up / But you're the only one I got», o ancora «Whether it's love or cancer / Shortening our years / It will leave us dying alone / In the arms of a nightmare». Suicidio, problemi familiari e personali, tutte le cose peggiori che l'essere umano può sperimentare nel corso della sua vita: probabilmente "The Grief Manual" è un modo per metabolizzarle e andare avanti. Leggendo i testi (tutti a opera del cantante Kristopher), va detto che il disco assume nuove sfumature e significati, arrivando a farmi personalmente male emotivamente, ma sono forse un po' masochista, quindi continuo a macinarlo come se non ci fosse un domani e ad ascoltarlo ancora e ancora.

Musicalmente trovo che si tratti di un lavoro ineccepibile, anche se forse meno immediato di "Death By Drowning", che invece mi aveva colpito come una porta che non avevo visto e contro la quale ero andata a sbattere; ottima metafora della vita, no? Qui siamo davanti a un album che scava più lentamente nell'ascoltatore, sortendo comunque gli stessi effetti del precedente e, forse, in modo persino più intenso. Non ho alcuna intenzione di ergermi a esperta di garage punk: queste sono solo le umili opinioni di una sfigata come tanti che ha scoperto tempo fa un genere che non pensava di amare così tanto. O forse sono solo i The Dogs quelli che amo così tanto, chi lo sa.

Inoltre, non mancano i toni più malinconici, come in "Primitive Etchings" o nella straziante "Her Last Song", accanto a sonorità un po' più classiche del genere in questione, e qui cito il primo singolo estratto, "Lie To Me". A catapultarci in questa catarsi musicale è "We Were Made Out Of Loss", ma non chiedetemi di scegliere un brano preferito, perché è un'impresa non da poco e credo di non essere in grado di portarla a termine. Quello che posso dire è che ogni pezzo ha un messaggio e una vita propri, che gli conferiscono una personalità specifica e lo fanno incastrare perfettamente con gli altri. "The Grief Manual" è un luogo in cui dieci outsider in forma musicale trovano dove stare bene tutti insieme, senza sentirsi giudicati e creando una certa armonia.

Ormai ho capito che i The Dogs significano per me molto di più di ciò che avrei pensato e il fatto che li abbia visti in veste di gruppo spalla per i miei adorati Kvelertak fa sembrare il tutto ancora più strano: mai presentarsi ai concerti solo per gli headliner. Adesso aspetto soltanto che i Norvegesi facciano una nuova tappa qui a Helsinki e, perché no, stavolta mi piacerebbe anche scambiare due chiacchiere con loro. Vi aspetto!