THE ERGOT – Disagio Suite
Gruppo: | The Ergot |
Titolo: | Disagio Suite |
Anno: | 2011 |
Provenienza: | Italia |
Etichetta: | Autoprodotto |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 54:12 |
Dopo un demo di cui vi parlammo a tempo debito, "Disagio Suite" è il primo album del gruppo fiorentino The Ergot, che vanta membri provenienti da diversi angoli d'Italia, ritrovatisi in un'università a scoprire di avere una comune passione per un genere di nicchia di un genere di nicchia, il death-doom metal.
L'interessante approccio proposto da The Ergot nell'album vede molti nomi di riferimento: dalla scena finnica capitanata ora da Swallow The Sun, Ghost Brigade e via discorrendo, con alcuni rimandi agli ultimi Sentenced, a nomi nostrani affermati o in via di affermazione quali Novembre e Foreshadowing. Date le diverse influenze, si spiegano quindi i momenti più graffianti ("Orgiastic Vision Of A Hating Man") e i brani più malinconici e cadenzati (l'apertura "November Fog"). Nonostante mi sia capitato di leggere l'esatto opposto in giro per la rete, il cantato di Eddie è uno dei punti di forza dell'album: uno scream molto pronunciato —decisamente inusuale per la proposta (inevitabile il rimando alle prestazioni dietro il microfono di Carmelo Orlando) — contribuisce a formare il carattere della band, fornendole personalità propria, allontanandola dai prefabbricati schemi di un genere specifico. Questo senza nulla togliere alle pur presenti variazioni sul tema, dato che passaggi in pulito morbido e puntate di growl più profondo fanno ugualmente la loro comparsa.
La produzione è l'ennesimo caso di come — non mi stuferò mai di dirlo — non sia necessaria alcuna etichetta più o meno grossa alle spalle per confezionare un prodotto di assoluta professionalità, con in aggiunta un libretto completo ed esaustivo. I suoni si distinguono perfettamente, ogni strumento trova il suo spazio e l'alchimia tra quanto suonato dai diversi membri funziona a meraviglia.
Se proprio dovessimo evidenziare dei difetti nell'operato della band, questi sono ravvisabili nella leggera prolissità e nella non sempre ineccepibile padronanza della lingua d'Albione. Sotto il primo aspetto stiamo parlando di quasi un'ora di disco, e se è vero che si tratta di una durata piuttosto tradizionale per il genere, a mio avviso "Disagio Suite" soffre di una diluizione eccessiva nel finale, essendo il trittico conclusivo di brani omogeneo oltremisura: lunga introduzione, corpo centrale a tempi elevati ma non troppo, outro; tutto formalmente ineccepibile, ma un po' eccessivo. Per quanto riguarda la lingua — invece — di nuovo mi ritrovo ad affrontare l'argomento parlando di una band nostrana: tra un difetto di pronuncia qua e un errore di spelling nei testi là, si sarebbe potuto prestare maggiore attenzione al risultato complessivo.
Fortunatamente nessuno di questi due punti è problematico in modo tale da minare la piacevolezza del disco nel suo complesso, un ottimo lavoro di genere che (si spera) non mancherà di raccogliere consensi tra gli appassionati.