THE MAMMUTHUS – Last Trumpet Of A Giant
Psichedelia, groove a secchiate, bpm in larga parte moderati e leggerissime striature di doom sono gli elementi dominanti del secondo album degli svedesi The Mammuthus, il primo su su Sliptrick Records, intitolato Last Trumpet Of A Giant. I cinque di Trollhättan — che significa il cappello oppure la cima del troll, ma che meraviglia è? — sono approdati al traguardo dell’etichetta discografica dopo due EP e un album tutti autoprodotti, e si fanno conoscere a un pubblico eterogeneo e più ampio con un lavoro pregno di accordi roventi che quasi si fa fatica a credere possano provenire dalla Svezia.
Ormai però dovremmo sapere benissimo che il Paese d’origine non è mai una discriminante — del resto anche gli Spiritual Beggars sono svedesi — e che è sufficiente saper far bene il proprio lavoro per essere credibili, e i The Mammuthus non deludono affatto in questo. Ci presentano uno stoner rock eterogeneo e ben amalgamato, che a volte ha un sapore settantiano, desert o addirittura country. I ritmi sono sempre cadenzati, di quelli che ti fanno scapocciare con la dovuta lentezza senza per questo essere meno incisivi o intensi.
Una nota di merito va senza dubbio anche alle grafiche della copertina e del booklet, che rappresentano paesaggi onirici, ponti che conducono chissà dove, cactus fioriti, città in fiamme, montagne innevate e lui, il gigante del titolo che suona la tromba da una bocca che in realtà è un occhio inscritto in un triangolo; Illuminati triggered? Non solo, seduto all’interno della tromba vi è un capellone panzone nudo, anche’egli intento a suonare la tromba. Non so bene cosa direbbe Freud di un sogno con personaggi del genere, per quanto mi riguarda la storia raccontata da Last Trumpet Of A Giant merita di essere ascoltata.
La mia versione del disco ha una copertina molto minimal, scritta su sfondo nero, mentre la versione alternativa che ho descritto poco fa è quella che trovate qui, in alto a sinistra.
Dicevo che non mancano elementi vagamente doom, per chi ne fosse alla precisa ricerca segnalo che possono essere trovati in “Riddles” e in “Wooden Walls”, quest’ultima leggermente più oscura e meno allegrona rispetto ai brani precedenti. Sul finale veniamo perfino sorpresi dalla simil-power ballatona dal titolo “The Raven”, mentre in toto il disco è un bel lavoro di stoner rock rifinito e con voce sempre pulita, che a tratti sembra quasi un’eco, specialmente se si ascolta Last Trumpet Of A Giant in cuffia.
Tra i brani di spicco vanno segnalati in particolar modo gli accordi ciccionissimi di “Pile Of Gravel” e “Yanar Dag”, che là per là credevo fosse una qualche festività svedese che non conoscevo (dag in svedese è giorno), mentre facendo un rapido controllo ho scoperto di aver cannato totalmente. Yanar Dağ, questa la grafia corretta, è la traduzione letterale, in lingua azera, di montagna che brucia, ed è infatti il nome di una piccola altura vicino a Baku che dagli anni Cinquanta brucia incessantemente, a causa della presenza di gas naturali; non a caso il titolo completo del brano include anche l’aggiunta “(The Burning Mountain)”. “Tombstone Rumble” è invece il pezzone groove rock che non può mancare, ed ecco che Last Trumpet Of A Giant può dirsi completo, anche grazie a giri di basso convincentissimi e a cori davvero ben fatti.
Il debutto dei The Mammuthus su un’etichetta vera e propria non poteva avvenire diversamente e ha tutta la mia attenzione. Sarebbe stato bello includere Last Trumpet Of A Giant nel listone(r) di band molto stoner e meno doom che abbiamo pubblicato qualche tempo fa, ma purtroppo non conoscevo la band. Questo ci insegna che il sottobosco underground è veramente stracarico di materiale, che noi non avremo mai abbastanza tempo per ascoltarlo tutto e che vale la pena campare a lungo se non altro per farsi una cultura in tal senso. Chapeau a questi cinque di Trollhättan, staremo a vedere quale strumento il gigante deciderà di suonare più avanti.