THE WOUNDED KINGS – In The Chapel Of The Black Hand
Gruppo: | The Wounded Kings |
Titolo: | In The Chapel Of The Black Hand |
Anno: | 2011 |
Provenienza: | Inghilterra |
Etichetta: | I Hate Records |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 41:10 |
Steve Mills è un fottutissimo genio: dopo aver diviso le strade con lo storico compagno d'avventura George Birth, rinnovando completamente formazione nell'ultimo anno, la "capoccia" che sta dietro al progetto The Wounded Kings si ripresenta a soli dodici mesi di distanza dall'uscita di quel piccolo capolavoro che è "The Shadow Over Atlantis" (ok, in mezzo è stato rilasciato lo split con i Cough "An Introduction To The Black Arts", vale la pena menzionarlo) con l'ennesimo disco di livello stratosferico.
Cos'è cambiato? Non poi tantissimo. La band ha reclutato nel ruolo di cantante la bella e dotata vocalmente Sharie Neyland, onestamente non so dove l'abbia pescata, ma è stata una mossa indovinatissima. Il suono continua a essere abissale, profondamente segnato dalle scanalature nere e profonde di un riffing che più tetro non si può, è però l'ammaliante prestazione di Sharye a fare la differenza rispetto al recente passato. La sua prestazione si fonde sui brani con una sacralità imperante, soggiogando di piacere l'ascoltatore: è una sensazione fantastica.
"In The Chapel Of The Black Hand" contiene quattro tracce esaltanti: le danze si aprono con "The Cult Of Souls" in cui l'apparire dell'organo Hammond ti fa già pensare «oddio, ci sarà da farsi pippe a valanga», pensiero che verrà ampiamente confermato una volta entrata in scena la voce, perfettamente incanalata all'interno del riffato nero di Mills, roba da rimanere imbambolati. Inutile dire che tre brani su quattro sono dei veri e propri colossi, la sola "Return To Sorcerer" fa eccezione, ma continuiamo il nostro percorso rispettando la scaletta. È il turno di "Gates Of Oblivion" e i toni ancor più intensi e minacciosi avvalorano la tesi che la discesa sia ormai intrapresa, "Le Porte Dell'Oblio" sono state spalancate, la base ritmica diviene possente e aumenta il peso dell'oscurità che avvolge il pezzo. La spiritualità è estrema e pura, il cantato è evocativo e suadente in maniera malevola, a livello di atmosfera tutto è così greve e pregno di un esoterismo settantiano che la voglia di premere all'infinito il tasto repeat è alquanto naturale.
L'imponente spigolosità e la quasi assenza di melodia del precedente "Shadow Over Atlantis", cupo all'inverosimile e già dotato di una inebriante visione ancestrale, hanno avuto un'evoluzione inattesa in "In The Chapel Of The Black Hand"; il suono del gruppo ha acquistato ritmo e voglia di cambiare i piani in corsa, senza mai esagerare, tuttavia è evidente che il marchio di fabbrica dei The Wounded Kings non viene mai messo di lato. "Return Of The Sorcerer" si presenta molto orientata a dare spazio alla sei corde, alimentandone gli sfoghi: la chitarra sembra vibrare, scaricandosi nella fase solistica, è più energica e volitiva, mentre con "In The Chapel Of The Black Hand" pare far breccia una luce, quella magari di un fuoco, una pira funebre, come se l'ultimo sacrificio fosse pronto per essere compiuto, si attende solo l'ordine esecutorio per dare accesso in questo mondo al nero più totale.
Sarò probabilmente di parte, ma non riesco a trovare difetti in un lavoro di una bellezza e fascino simili. I detrattori potranno parlare di una realtà che si è ammorbidita (se venisse usata tale scusa mi scapperebbe di sicuro una risata), tuttavia tolti quei quattro che avranno sempre e comunque da ridire, i The Wounded Kings e "In The Chapel Of The Black Hand" sono sicuro possano entrare di diritto nella top ten del 2011 di moltissimi fan del Doom.
L'acquisto in questo caso non è neanche da consigliare, è proprio da fare. Se avete amato in passato la creatura di Steve Mills e ne conoscete quindi le potenzialità artistiche, non potrete che rimanere incantati da un'uscita mistica, esoterica e inequivocabilmente Doom com'è questa.